Catasto e censo


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Per tutto l'ottocento la situazione catastale italiana fu divisa in nove compartimenti catastali che operavano in modo autonomo con caratteristiche diverse fra loro. "L'imposta diretta sulla ricchezza fondiaria era parte di tutti gli ordinamenti fiscali degli Stati preunitari". La distanza fra le varie regioni italiane era quindi rispetto al peso di tale imposta. Fu sentito dalla generalità degli osservatori una perequazione nazionale, sia per ragioni di elementare equità, sia per ragioni economiche sia perché si era convinti che nessuna riforma fiscale avrebbe potuto essere portata avanti prima di questa. Lo stato, inoltre, intendeva trarre dall'imposta fondiaria maggiori entrate.
La distribuzione dell'imposta fondiaria era fatta, in genere, sulla base dei catasti. Essi erano, però, assai diversi fra loro per valore e per metodo. Al momento dell'unificazione i catasti erano ben 22 e il peso fiscale era assai diverso: in Lombardia si pagavano 7,65 lire per abitante, a Parma 7,23, Modena 7, stato pontificio 5,45, Napoli 4,55, Piemonte 3,98, Sicilia 3,65 e Toscana 3,64.
La legge sul conguaglio fu assai dibattuta, com'era prevedibile e logico attendersi, viste le differenze di partenza. L'opposizione più forte fu quella all'aumento del contingente nazionale richiesto. Ad esempio forte fu l'opposizione dei deputati piemontesi e liguri contro un governo ritenuto espressione degli interessi toscani, lombardi ed emiliani. Ma anche dalla Toscana si levarono voci contrarie, visto che ci si attendeva un forte inasprimento fiscale.
Al termine di lunghe discussioni e contrattazioni, finalmente si giunse alla definizione del nuovo contingente che avesse effetto a partire dal 1867, mentre per il periodo 1864-66 si sarebbe operata una ripartizione meno forte. La legge fu votata nel luglio 1864 con 191 voti contro 123 alla Camera, 96 a 55 al Senato (1).
La legge 1° marzo 1886 n. 3682 (serie III) pose fine a questa anacronistica situazione introducendo un nuovo catasto dei terreni. Gli immobili esistenti nel territorio dello stato vennero riportati e classificati in un insieme di tavole, mappe e registri. L'unità elementare del catasto terreni fu costituita dalla particella catastale. Per particella catastale si intende ciascuna porzione continua di terreno situata in un medesimo comune, appartenente allo stesso proprietario, della medesima qualità o classe ed avente la stessa destinazione. Ad ogni unità catastale era attribuita la relativa rendita imponibile, costituita da reddito medio ordinario imputabile in condizioni normali al singolo cespite, che per i terreni è costituito da reddito dominicale, e dal reddito agrario (2). La determinazione del reddito dominicale e di quello agrario era attuata attraverso le operazioni di qualificazione (3), classificazione (4), classamento e formazione delle tariffe d'estimo (5). Anche la determinazione dell'estimo catastale dei fabbricati e della rendita catastale avveniva attraverso le operazioni di qualificazione, classificazione, classamento e formazione delle tariffe. I comuni vennero suddivisi per zone censuali, nell'ambito di ciascuna zona furono identificate delle categorie differenti per caratteristiche, che determinarono la destinazione ordinaria e permanente di ciascuna unità immobiliare fra quelle esistenti (6). La formazione delle tariffe comportava l'analisi dei prodotti e delle spese per la determinazione della rendita con riferimento alle forme di investimento edilizio secondo gli usi e le pratiche prevalenti nel luogo.
Sono qui documentati l'introduzione del nuovo catasto lombardo veneto, i rapporti con uffici finanziari locali e centrali e l'esazione dell'imposta fondiaria.

Nessuna unità

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