Dazi sui consumi


Contenuto
La serie comprende documentazione relativa all'appalto e alla gestione del dazio sulla macina, dei dazi sui generi di consumo e ai relativi carteggi con la regolatoria di finanza e all'affitto e alla gestione delle caneve (posti di mescita del vino) comunali.
Fino al 1800 è attestato l'appalto del solo dazio sulla macina. Tale imposizione, ereditata dal periodo precedente, verrà soppiantata dal 1801 dai dazi sui generi di consumo (prestino, macello, vino, ....), indicati cumulativamente con il nome di "dazio consumo".
I dazi sui generi di consumo erano appaltati dal distretto nel suo complesso, che a tale scopo, in sede di consiglio, nominava un delegato che partecipasse all'asta o alla trattativa e che stipulasse il contratto d'appalto con la Regolatoria di finanza. Ad appalto avvenuto, i dazi venivano ripartiti fra i vari comuni, proporzionalmente al numero degli esercizi presenti in ognuno di essi, e dati in subappalto a diversi "conduttori" locali. Questi ultimi avevano il compito di esigere i dazi e di vigilare sui vari esercizi di vendita dei generi di consumo.
Nel 1801 il dazio venne appaltato attraverso asta dal procuratore Campana all'annuo canone di L. 9500 per un novennio (1801 nov. 11-1810 nov. 10), con un contratto rinnovabile di triennio in triennio. La deliberazione venne approvata dal Ministro delle finanze generali, il quale, rappresentato dal Regolatore di finanza del dipartimento, stipulò in seguito il relativo contratto con il "convenzionato" Campana. Fra gli obblighi del convenzionato troviamo quello di rispondere personalmente dei pagamenti verso la Regolatoria e dell'apertura dei "posti" di vendita; egli dovette impegnarsi inoltre a non "recare danno ai vicini esercenti, ma contenersi nei confini territoriali del luogo o del distretto relativo alla facoltà accordatagli" e a non "erigere o permettere che si eriga anche nel territorio o distretto come sopra altri posti, ne trasportare l'esercizio dei medesimi esistenti senza la previa partecipazione (...) non potrà (...) usare libri di bollette di nessuna sorte che non siano rubricati dall'ufficio ed improntati dal bollo della Finanza generale (...) dovrà, finita la Convenzione, rassegnare fedelmente alla Finanza Generale tutti que' Libri Bollette, che avrà usati, e tutte le scritture , e Notificazioni di accordi, che avesse fatti durante la presente convenzione". Unici casi previsti per il ritardato pagamento erano quelli di "peste nel genere umano" e di "guerra guerreggiata in luogo". Il convenzionato aveva, per contro, facoltà di far eseguire perquisizioni o "invenzioni" presso qualche contravventore attenendosi alle vigenti disposizioni e procedendo di concerto con il Ricettore di Finanza locale o più vicino. Entro il primo semestre dell'ultimo anno egli doveva inoltre presentare alla Regolatoria una propria dichiarazione circa l'intenzione di continuare nell'appalto ed essere ammesso ad una successiva trattativa.
Come si è accennato, una volta appaltato a livello di distretto, il dazio veniva ripartito fra i vari comuni. Il riparto veniva compilato dal Pretore, eletto arbitro inappellabile. Adottato il riparto i comuni erano obbligati a versare il contante relativo alle esazioni nella Cassa del Ricevitore eletto dal consiglio distrettuale. Nel 1801 venne eletto ricevitore lo stesso Campana. Il ricevitore aveva l'obbligo di ricevere ogni rata secondo la tangente spettante a ogni singola amministrazione e di versarle nella Cassa di finanza, indicando i pagamenti avvenuti in un apposito quaderno.
Il dazio sul prestino (produzione e vendita di pane) a Gandino era ulteriormente suddiviso in due rami, corrispondenti a due settori dell'abitato: 1. Cirano e Cim Gandino. 2. Parte inferiore del comune. Nelle rispettive zone ognuno dei subappaltatori poteva mettere il numero di postari che riteneva opportuno; le autorità competenti esercitavano un costante controllo sulla qualità del pane.
Dal 1809 il Ministero delle finanze emana nuove istruzioni: viene abolita la proibizione di esercire nei comuni e territori aperti la professione di oste, macellaio, prestinaio senza licenza e canone alla finanza, liberalizzando esercizio. Per chi vuole aprire mulini, forni, prestini, macelli, osterie, locande, bettole o intende vendere vino al minuto basta una dichiarazione all'Intendente di finanza, da rinnovarsi ogni anno nel mese di dicembre, pagando un diritto fisso oltre al quale si pagherà il dazio corrispondente a una certa cifra per quintale per i vari generi.

Per quanto riguarda la gestione delle caneve comunali (caneva detta "di sopra", caneva detta "di sotto" e osteria con ortaglia) erano previsti due provveditori del vino per ogni caneva con obbligo di mantenere "fornita giornalmente quella che gli verrà destinata, del vino consumo utile".
L'osteria era adibita ad albergo e il gestore aveva l'obbligo di mantenervi in funzione dieci letti. Nel prezzo dell'appalto, normalmente novennale, dell'osteria era inoltre compreso il patentato per la vendita vino al minuto nel locale, l'affitto del locale stesso, l'uso dell'orto ("ortaglia") e dei mobili. Il vino era dispensato attraverso due "spine", una per il vino "grosso" e l'altra per il vino "piccolo".
(a.z.)


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