Dazi


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La posizione geografica di Romano, confinante tra stati cittadini, poi tra province dello stato visconteo e in seguito tra questo e la Serenissima, consentì a questa comunità di ottenere dai signori a cui si trovò sottoposta una notevole autonomia amministrativa e la concessione di vari privilegi.
Già dalla sua fondazione il borgo ottenne agevolazioni economiche(1) e con la dominazione viscontea anche l'esenzione dal pagamento di varie tasse, tra cui quella sul sale, e la conduzione autonoma dei dazi (utilizzando la procedura e le norme in uso nella città di Bergamo)(2).
Con la ducale del 26 giugno 1428 Francesco Foscari, doge di Venezia, accetta la dedizione di Romano e ne sancisce definitivamente lo stato di separazione dalla città di Bergamo(3).
A Romano venivano concessi (o confermati) vari privilegi, tra cui quello di poter incantare autonomamente diversi dazi; più volte Bergamo tentò di ledere l'autonomia sia giuridica sia economica di Romano e, soprattutto riguardo i dazi, ne troviamo conferma in diverse ducali, in particolare le ducali di Pietro Lando del 1539, di Francesco Donà del 1551, di Pasquale Cicogna del 1590 e di Alvise Contarini del 1681, tutte rivolte contro le ingerenze dei daziari della città di Bergamo(4).
Anche in Romano ci dovettero essere parecchie irregolarità e prevaricazioni, se il capitano di Bergamo Giovanni da Lezze, nella sua nota relazione del 1596, affermò testualmente: "...si proveda delle cose dei dacij che si fanno molte estorsioni..."(5).
Altre notizie di natura giuridica sui dazi si possono rilevare nelle raccolte a stampa di ordini per il governo della comunità di Romano presenti in questo archivio(6) e nelle disposizioni per gli incanti(7).
I dazi che Romano poteva gestire autonomamente erano: generale, del ducato per botte, del vino al minuto, della grattatola (animali da macello, carne e altri generi alimentari), della seta, delle carte da gioco, del pizzamantello (trasporto delle biade), dell'olio, del pane, delle condanne, degli strumenti, delle mercanzie, della caneva pubblica, dell'entrata alle porte, della concia delle pelli e solo dal 1685(8) quello della macina, che prima spettava a Bergamo(9).
Le norme della conduzione dei dazi erano stabilite dalle disposizioni statutarie e del consiglio speciale(10).
All'incanto per la conduzione dei dazi poteva partecipare chiunque con le condizioni che non fosse stato precedentemente debitore di tali imposte e che non svolgesse contemporaneamente altre cariche pubbliche; i conduttori dei dazi che avevano anche licenza di tenere armi, dovevano versare al tesoriere (canepario) del comune l'importo annuale in due rate che veniva registrato dal notaio cancelliere.
Tale registrazione doveva essere duplice per disposizioni statutarie(11): una su di un apposito registro, come quello contenuto in questa serie, e una sul libro delle ragioni del comune(12); i conduttori certificavano l'esazione con duplice bolletta.
Della serie ci è rimasta solo un unico registro, che copre gli anni 1510 - 1513, più tre atti singoli posteriori, che riguardano conferme di precedenti disposizioni venete.
Il materiale rimasto è evidentemente insufficiente per poter verificare a pieno come venissero effettuati la conduzione e il pagamento di dazi: il registro, infatti, testimonia semplicemente l'entità complessiva dell'importo annuale per alcuni dazi e il loro avvenuto versamento al tesoriere.


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