Sanità


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A Branzi, la prima notizia sull'esistenza di una figura sanitaria a carico della collettività si ha sul finire del XVIII secolo. Nella riunione del consiglio del 31 dicembre 1778 si decise, fra l'altro, di eleggere un deputato per verificare la possibilità di nominare medico a carico del comune il dottor Francesco Zanchi (1). Nel gennaio 1780 si giunse alla deliberazione di accordare al dottor Zanchi uno stipendio di lire 210 lire annue in cambio della sua opera medica a favore degli abitanti del paese (2).
Nel 1817 risultavano attivi in tutto il distretto di Piazza solo 3 medici (a Lenna, a Olmo al Brembo e a Valnegra), 1 chirurgo (ancora a Lenna), 3 levatrici (ad Averara, Cassiglio e Foppolo) e 3 speziali (ad Averara, Lenna e Valnegra) (3).
Anche per quanto riguarda la tutela della salute dei cittadini, nel nostro Paese la svolta fu determinata dalla Rivoluzione Francese che estese l'idea di uno Stato organizzatore e, entro certi limiti, erogatore di servizi. Il settore sanitario, infatti, fu coinvolto dal processo di organizzazione e riforme che caratterizzò i primi anni del XIX secolo secondo linee di tendenza già viste per la beneficenza.
Nel 1819 il governo di Vienna trasferì le competenze del magistrato centrale di sanità di Milano direttamente al Governo; istituì inoltre un protomedico generale (dipendente dal Governo), un protomedico provinciale e un veterinario provinciale (dipendenti dalla Delegazione Provinciale); a livello distrettuale l'ambito sanitario era amministrato dal Commissario Distrettuale e dal medico distrettuale, nei Comuni venivano eletti due deputati alla sanità.
Organo di controllo sull'attività sanitaria del comune era l'ufficio provinciale di sanità. Il successivo regolamento del 1824 regolamentava gli ambiti di attività di medici (anche dei medici condotti) e delle levatrici.
Per quanto attiene alla profilassi della popolazione, essa era affidata, oltre che al medico condotto, anche a un comitato sanitario municipale, formato in genere dallo stesso medico, dal sindaco o altri eletto dal consiglio comunale e dal parroco. Il medico aveva il compito di visitare tutti gli ammalati non abbienti, di effettuare le vaccinazioni sulla popolazione tenendo relativo registro semestrale, di produrre relazioni sulle morti e sulle guarigioni avvenute in seguito a epidemie.
L'Italia unita si presentava, nel suo complesso, come un Paese caratterizzato da un "radicato e diffuso malessere sanitario". Il tasso di mortalità era infatti elevato e rimase tale sino al nuovo secolo. Drammatici erano i parametri della mortalità infantile, che colpiva un bambino su quattro nel primo anno di vita e ne lasciava in vita solo uno su due entro il quinto anno. Depresso era il tono generale delle condizioni igieniche, forte il ritardo nelle scienze mediche, eccessivo il carico di lavoro anche delle donne in gravidanza, elevata l'incidenza delle malattie infantili, delle infezioni gastrointestinali (18% delle morti nel primo anno), dell'apparato respiratorio, meningite, morbillo, scarlattina, scrofola e rachitismo.
Endemico era il problema degli esposti che, dopo essere stati allattati per qualche settimana dalle balie interne al brefotrofio nel quale venivano collocati, erano affidati a nutrici esterne, in genere contadine modestamente compensate. Il bambino svezzato di norma rimaneva con loro, o tornava in ospizio in attesa di un'altra famiglia (contadini o artigiani).
La mortalità degli esposti era assai elevata, soprattutto fra i neonati, a causa di famiglie di origine con gravi carenze sanitarie (miseria, malattie), ma anche di carenze di assistenza: poche balie interne agli istituti, allattamento artificiale ancora carente e gravi mancanze igieniche nelle strutture di accoglienza.
La tubercolosi, che si presentava come prima causa di morte in senso assoluto, colpiva più le grandi città, il nord e le donne. La coadiuvavano le insufficienze alimentari e la poca salubrità delle abitazioni, oltre a cattive condizioni di lavoro. Assai diffuso era il vaiolo (nel 1870-72, 1220 morti nella sola Roma), ma solo dal 1888 divenne obbligatoria la vaccinazione di tutti i bambini entro il semestre successivo alla nascita.
Endemiche erano le malattie gastroenteriche come il tifo o il paratifo, enterite, gastroenterite, diarrea, dissenteria, colera indigeno (16% di tutti i decessi).
Periodicamente colpiva il colera, con la punta massima nel 1854-56 quando interessò circa 2000 comuni e provocò 200-300.000 morti. Nel 1865-68 furono toccati circa 2900 comuni con 160.000 morti. Nel 1884-85 14.000 morti (ma 7000 solo a Napoli e 3000 a Palermo).
Il Paese si presentava arretrato anche sotto il punto di vista dell'approvvigionamento idrico e delle infrastrutture igieniche: ancora nel 1885-86, 14.5 milioni di persone vivevano in comuni privi di fognatura. Solo 97 comuni (1.5 milioni di abitanti) avevano una rete fognaria degna di questo nome, mentre solamente 3335 comuni avevano abitazioni fornite in tutto o in maggior parte di latrine.
Altre malattie diffuse erano la malaria e la pellagra. L'alcoolismo colpì sempre più nel corso dell'800 soprattutto le classi popolari del Nord attraverso l'aumento del consumo di "superalcolici". La causa? La crittogama aveva distrutto gran parte dei vigneti del nord, il prezzo del vino era salito oltre le possibilità d'acquisto e i ceti popolari si erano rivolti ad acquaviti di patate, barbabietole, segale, frumento a poco prezzo ma di bassa qualità. Endemici erano, infine, il cretinismo e il gozzo.
La prima legge "nazionale" fu la legge Rattazzi del 20 novembre 1859, in vigore negli Stati sardi ed estesa alla Lombardia. La tutela della salute pubblica era demandata all'esecutivo (ministro dell'interno e in giù ai prefetti e ai sindaci). Vennero creati organismi collettivi, il consiglio superiore di sanità e analoghi provinciali e circondariali che dovevano coadiuvare i vari livelli di responsabilità. Essi dovevano vigilare sulla "conservazione della sanità pubblica" con particolare riguardo alla vigilanza sulle convivenze (ospedali, carceri, scuole) e sulle professioni e attività attinenti al campo sanitario.
Limite importante: la legge non prevedeva né un medico né un consiglio sanitario comunale che avrebbero potuto affiancare il sindaco, anch'esso dai limitati poteri (vigilanza igienica in materia di alimenti e bevande e di abitazioni e luoghi pubblici).
La legge Rattazzi sull'ordinamento amministrativo non prevedeva inoltre spese obbligatorie per i comuni relativamente al servizio sanitario, in specie il medico condotto. Ciò penalizzò la Lombardia, dove le condotte erano consolidata esperienza. Nel Lombardo Veneto, infatti, la legge del 30 aprile 1834 aveva imposto ai comuni (anche attraverso consorzi) di stipendiare con il gettito della sovrimposta fondiaria uno o più medici attraverso il sistema della condotta "di servizio caritativa" che prevedeva, a differenza di quella "piena", le cure del medico per i soli poveri iscritti nel "ruolo" compilato dai comuni di concerto con i parroci. Anche tale ordinamento aveva un difetto: la posizione subalterna, e precaria, del medico rispetto al comune. In pratica, la legge amministrativa Rattazzi, non imponendo spese per il personale sanitario, bloccò la diffusione delle condotte. Solo con la legge comunale del 20 marzo 1865 si impose ai comuni l'onere finanziario del servizio sanitario. Il regolamento esecutivo dell'8 giugno introdusse le commissioni municipali di sanità: elette dal consiglio e presiedute dal sindaco, avevano funzioni consultive, dovevano avere per segretario un medico condotto, vigilavano sull'attuazione di leggi e regolamenti e in particolare su scuole, ospedali e istituti di carità.
L'intervento pubblico rimaneva, quindi, assai limitato. Le commissioni, inoltre, non funzionarono bene, e in 4800 comuni con meno di 1000 abitanti non furono neppure attivate.
Il nuovo regolamento del 1874 affermava essere un dovere dello Stato tutelare la pubblica igiene, in particolare quella dei poveri. Crispi riprese in mano il problema e la sua proposta di legge venne presentata al senato il 22 novembre 1887 e alla camera il 15 maggio 1888. Essa aumentava l'accentramento e affidava ai prefetti la nomina dei consigli provinciali, definiva e potenziava il medico condotto con la qualifica di ufficiale sanitario e gli dava stabilità dopo tre anni di prova. Squilibrata era, però, la legge dal punto di vista finanziario, lasciando quasi tutto l'onere di copertura della spesa a carico dei comuni che avevano anche l'obbligo dell'assistenza ostetrica e veterinaria Altra grave mancanza era la non gratuità dell'assistenza farmaceutica (4). Nel titolo é conservata in 47 unità la storia della sanità a Branzi nel corso di quasi tutto il secolo.

Nessuna unità

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