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In attuazione del Regio decreto n. 345 del 25 novembre 1808, che prescrive il modo di regolare l'amministrazione degli stabilimenti di pubblica beneficenza, " tutti i beni-fondi delle pie istituzioni devono essere affittati a denaro". Le procedure per l'assegnazione degli immobili seguivano criteri predeterminati, rimasti pressoché immutati con l'alternanza dei diversi regimi: ottenuta l'autorizzazione dell'autorità tutoria in relazione al progetto di esperimento d'asta per la locazione o la riaffittanza degli immobili, si procedeva alla nomina di un perito che redigeva una minuta di stima per determinare l'offerta minima che serviva di base all'asta e predisporre il capitolato in cui venivano indicati i diritti e i doveri dell'affittuale ed il canone annuo di affitto. Ricevuto ulteriore beneplacito dell'autorità si procedeva alla pubblicazione di avvisi indicanti la descrizione sommaria degli immobili e l'indicazione del giorno, ora e luogo dell'asta. Le aste si svolgevano secondo il metodo della "candela vergine": previo deposito di cauzione, i partecipanti all'asta potevano rilanciare le offerte per l'assegnazione dell'immobile entro il termine determinato dall'esaurimento di una candela; l'immobile veniva attribuito al migliore offerente sempre che, in un lasso di tempo prestabilito, nessuno rilanciasse l'offerta con un aumento fissato nel 20 %. La documentazione relativa all'avvenuto svolgimento dell'asta veniva inviata all'autorità tutoria per l'approvazione. Il deliberatario entrava in possesso del bene a seguito della presentazione di opportune garanzie reali ( ipoteca su fondi di proprietà) o personali ( presentazione di uno o più fideiussori) e della stipulazione del contratto di locazione davanti al notaio. Nell'eventualità in cui il locatario volesse rescindere il contratto prima della scadenza, si poteva procedere alla riaffittanza del bene per trattativa privata. E' qui presente anche documentazione concernente il rapporto di conduzione degli immobili locati.