Congregazione di Carità (1807-1937), Albino


Tipologia: Ente (Ente di assistenza e beneficenza)

Sede: Albino

Profilo storico-biografico: "La Congregazione di Carità succede all'istituzione di beneficenza preesistente sotto la denominazione di Luoghi Pii elemosinieri ed anticamente di Veneranda Misericordia (1), che consta fondata prima dell'anno 1489". Così l'incipit dell'articolo 3 dello Statuto della Congregazione del 1887 espone l'avvicendamento tra le istituzioni di beneficenza dei diversi regimi. Le istruzioni 5 settembre 1807, emanate in esecuzione del decreto 21 dicembre 1807 (successivamente 1903-1977 (unità 80) riprese dal decreto del 25 novembre 1808) istituiscono in ogni comune del Regno d'Italia le Congregazioni di Carità. Il r. d. 21 dicembre 1807 n. 279 mise in evidenza gli oggetti di beneficenza pubblica che passano ora nelle attribuzioni del Ministero dell'interno. I comuni sono incaricati di supplire "ai bisogni degli ospitali, orfanotrofi, conservatori d'esposti e degli istituti elemosinieri" (art. 2) e tutti i beni spettanti a tali stabilimenti ed istituti saranno amministrati sotto il nome di congregazioni della carità da un "certo numero di probi e distinti cittadini del comune" (art. 3). Il re si riserva di nominare i 10 amministratori nei comuni con più di cinquantamila abitanti. Negli altri comuni con popolazione inferiore i membri, non più di sei, non meno di quattro, sono nominati dal podestà (art. 4); in particolare nei comuni capoluogo di dipartimento dovranno far parte di tale collegio il prefetto, il vescovo e il podestà, negli altri comuni il podestà e il vescovo, in mancanza di quest'ultimo il parroco del luogo. Da ultimo all'art. 7 viene specificato che, benché riuniti in una sola amministrazione, quella della Congregazione di Carità, le singole opere pie e i singoli stabilimenti conservano una contabilità distinta. L'amministrazione degli stabilimenti di pubblica beneficenza riceve l'anno dopo, 25 novembre 1808 con r. d. n. 345, un'ulteriore e specifica regolamentazione. Per brevi linee si evidenzia lo stretto rapporto di controllo del prefetto competente (art. 4) e il conferimento del diritto di nomina dei membri della Congregazione, nei comuni di prima e seconda classe con popolazione inferiore ai cinquantamila abitanti, al podestà. Nei comuni di terza classe tale nomina compete al sindaco. Nei capitoli successivi vengono sancite precise disposizioni per l'amministrazione dei beni fondiari (capitolo II), dei capitali (capitolo III) dei livelli (capitolo IV), e della contabilità (capitolo V). In epoca di Restaurazione il governo Lombardo Veneto opera un'inversione di marcia completa: le Congregazioni di carità vengono soppresse (con decreto 13 ottobre 1819) e le singole opere pie (genericamente indicate come stabilimenti) vengono ripristinate nella loro autonomia. Dal punto di vista del funzionamento amministrativo la normativa lombardo veneta non presenta particolari novità rispetto al funzionamento, all'amministrazione, alla gestione dei capitali e alla contabilità. Si rafforzano tuttavia i controlli da parte delle singole deputazioni comunali e dei commissariati distrettuali (2). Gli amministratori di questi Luoghi pii, dipendono direttamente dalla Deputazione provinciale, dalla Congregazione provinciale, e dal governo. Gli amministratori hanno diritto ad uno stipendio congruo, ma la legge comunque favorisce coloro che decidono di assumere gratuitamente l'incarico. Le Congregazioni di carità erano persone giuridiche pubbliche ed enti autarchici istituzionali; potevano ricevere beni sia per donazione che per successione; potevano amministrare altre opere pie; erano legali rappresentanti dei poveri del comune; erano destinatarie delle disposizioni testamentarie in cui non si sia specificato l'uso a favore di qualche categoria di persone; promuovevano l'assistenza e la tutela di orfani, minorenni abbandonati ecc. L'assistenza pubblica prevedeva l'assistenza sanitaria ai poveri, la distribuzione gratuita di medicinali, il mantenimento dei mentecatti poveri, il mantenimento degli indigenti inabili al lavoro, degli orfani e dei minori abbandonati, l'assistenza a varie categorie di malati. Con la legge 3 agosto 1862, n. 753 si ha la prima legge unitaria in materia di beneficenza che sostanzialmente riprende, allargandola al nuovo Stato unitario, la legge 20 novembre 1859, n. 3779 (e relativo Regolamento 10 agosto 1860, n. 4249) del regno Sabaudo. Seguendo il principio di rispetto della natura e degli scopi delle singole opere pie, la legge del 1862 non porta mutamenti alle amministrazioni che rimangono quelle stabilite dalle tavole di fondazione. Il testo legislativo definisce le opere pie soggette alla normativa (3) e ne affida la tutela alle Deputazioni provinciali (4), mentre al Ministero dell'Interno competono poteri di vigilanza sull'amministrazione. Alle deputazioni spetta l'approvazione dei contratti di compravendita, delle deliberazioni che comportano mutamenti patrimoniali, dei regolamenti e dei conti consuntivi (5). Accanto alle opere pie autonomamente amministrate viene istituita una Congregazione di Carità in ogni comune con il compito di amministrare quei "beni destinati genericamente a pro dei poveri in forza di legge, o quando nell'atto di fondazione non venga determinata l'Amministrazione, Opera pia o pubblico stabilimento in cui favore sia disposto o qualora la persona incaricata di ciò determinare non possa o non voglia accettare l'incarico" (6). Pur riguardando anche le opere pie a scopo ecclesiastico e quelle amministrate da ecclesiastici o da corporazioni religiose sia regolari che secolari (7), ponendole di fatto sotto il controllo dello Stato, la legge lascia "sussistere gli ampi spazi conquistati dal clero - sebbene formalmente escluso in quanto tale - nella gestione del "patrimonio del povero" in una fase caratterizzata dallo scontro frontale tra stato e Chiesa e dalla volontà della classe dirigente liberale di espropriare i beni degli enti ecclesiastici" (8). Gli statuti nelle loro differenti edizioni (vedi unità 8) evidenzia oltre agli scopi generici di assistenza ai poveri, alcuni elementi particolari della sua missione: l'elargizione annuale perpetua di lire 40 in dote a quattro povere zitelle di Albino che nell'arco dell'anno si fossero sposate (la donazione doveva essere ripartita in parti uguali) e il concorso alla spesa dell'Istruzione pubblica elementare con l'assegnazione al comune di lire 57,23. Oltre a questi compiti la Congregazione doveva, per legato di diversi benefattori, celebrare in perpetuo messe ed uffici funebri. In quanto ente successore dei Luoghi Pii Elemosinieri amministra e dirige: il Luogo Pio Elemosiniere o Misericordia di Abbazia, frazione del comune di Albino, che ha per scopo la distribuzione di sussidi in genere ai poveri della frazione con un contributo fisso alla spesa per l'istruzione elementare del comune; il Luogo Pio Elemosiniere o Misericordia di Fiobbio che ha gli sessi scopi oltre a quello di fornire una dote alla zitella più povera della frazione che trova marito; della Pia Casa di Ricovero per i malati cronici del comune di Albino, regolata da apposito statuto. Oltre alle entrate derivate da redditi di beni immobili, livelli, censi, capitali e dei certificati di rendita pubblica che risultano dall'inventario vengono elencate tutte le possibili entrate che la legge definisce: i depositi fatti dai cittadini per ricorsi contro le liste le elettorali amministrative (come disposto dal n.4 dell'articolo 34 della legge comunale e provinciale 24 marzo 1865); le somme date genericamente ai poveri, attraverso donazioni o successioni; le vendite di beni conferiti nello stesso modo che non furono espressamente lasciate ad altra amministrazione od opera pia o pubblico ente di carità; i beni ottenuti per disposizione di un benefattore che avrebbero dovuto essere lasciati ad una amministrazione od opera pia che esecutori testamentari non hanno determinato; i beni che vengono dati per usi pii che ancora non hanno una destinazione d'uso; i beni di cui si ignora la destinazione e l'origine ma che per consuetudine sono sempre stati utilizzati per la carità; legati di elemosine a favore dei poveri a carico di un erede, quando questo si viene a mancare e non possa adempiere al mandato ricevuto e con ogni altro tra specie di proventi eventuali promessi dalla Congregazione per mezzo di sottoscrizioni, di e spettacoli pubblici o di lotterie di beneficenza. La Congregazione provvede alle obbligazioni della Pia Casa di ricovero, sottoposta alla sua amministrazione. Il presidente spedisce gli avvisi per la convocazione della congregazione e ne presiede le adunanze, cura l'esecuzione delle deliberazioni, dirige la corrispondenza ufficiale che sottoscrive e controlla la tenuta dei registri e l'andamento generale degli affari provvede all'osservanza delle leggi del regolamenti, rappresenta in giudizio la congregazione e stipula a nome di queste contrade e con i privati. Spetta alla congregazione con obbligo in solido tra i suoi membri l'amministrazione generale dei beni nell'interesse degli abitanti del comune; il collegio delibera sui bilanci sui conti annuali, determini contratti da farsi, ripartisce le elemosine e sussidi. In particolare alla congregazione indaga se nel Comune vi siano lasciti destinati genericamente sollievo dei poveri distolti di dalla loro destinazione primaria, secondo quanto prescritto dagli articoli 50 e 57 e del regolamento sulla legge per le opere pie, e compila ogni anno l'elenco dei beneficiati apportando le opportune modifiche. Nell'ambito dell'amministrazione della Congregazione forma ogni anno i bilanci e i rendiconti sottopone alla Deputazione provinciale tutti gli atti, i regolamenti e i contratti soggetti alla sua approvazione. Nell'erogazione delle beneficenze nella distribuzione di soccorsi, sussidi, elemosine, la congregazione tenga conto delle prescrizioni dei testatori. Se queste non esistono tali somministrazioni erano effettuate secondo le cautele previste dal regolamento approvato dalla Deputazione provinciale, tenendo sempre presente i bisogni dei poveri. Di seguito, infine, vengono indicate le categorie di coloro che (per legge) sono da ritenere poveri: gli orfani, i figli abbandonati o con il padre in carcere o in ospedale per il periodo della detenzione o del ricovero; i giornalieri, operai, artigiani, contadini che hanno famiglia numerosa senza possibilità di mantenerla; le vedove con figli a carico; le donne, nubili o sposate, che si trovino in gravi ristrettezze; i ciechi, gli invalidi, gli anziani senza assistenza; i disoccupati (giornalieri, operai, artigiani, commercianti, contadini) che per lunga malattia o per altra disgrazia non sono in grado di provvedere alla propria famiglia; le persone colpite da calamità naturali (incendi, terremoti, epidemie) nei primi giorni successivi a teli eventi e infine tutte le persone che rientrano nelle precedenti categorie che sono notoriamente in stato di miseria comprovata senza alcuna colpa e senza avere commesso delitti. Nell'erogazione dei diversi sussidi dovevano essere adottate tutte la cautele dettate dalla pubblicità e dalla trasparenza dell'azione amministrativa dell'ente. La Congregazione, infine, aveva due impiegati un segretario e un tesoriere. Una più radicale svolta verso la laicizzazione della beneficenza si trova nella riforma generale del settore varata con la Legge 17 luglio 1890 (e regolamento 5 febbraio 1891, n. 99). Con essa si giunge alla pubblicizzazione delle opere pie - d'ora in poi denominate istituzioni pubbliche di beneficenza - ispirata al principio del dovere da parte dello Stato di assumere la gestione dell'assistenza, intesa come funzione pubblica, e il conseguente diritto di ingerenza statale nell'attività delle istituzioni. La legge Crispi prevede un potenziamento della tutela pubblica affidata non più alle Deputazioni provinciali ma alla Giunta provinciale amministrativa e un aumento del controllo governativo esercitato attraverso le Prefetture. Diventa obbligatoria l'esistenza in ogni comune della Congregazione di Carità alla quale sono affidate la tutela degli interessi dei poveri e la loro rappresentanza legale, vengono regolati il concentramento e il raggruppamento di istituzioni affini, viene stabilita la trasformazione delle opere pie divenute inutili o superflue, e la conversione in istituzioni pubbliche di beneficenza delle confraternite, delle opere pie di culto e dei legati di culto; vengono stabilite le incompatibilità per gli amministratori e disciplinata la loro responsabilità. Accanto allo scopo di semplificare l'amministrazione delle opere pie, vi è quello di aumentarne l'economicità: per quanto riguarda la gestione del patrimonio vengono resi obbligatori l'investimento di capitali in titoli dello Stato o garantiti dallo Stato, il deposito delle somme eccedenti il bilancio, la concessione in affitto dei beni immobili, l'affrancazione dei legati di culto e di livelli e censi. Alla legge del 1890 si aggiungono successivamente diverse modifiche ed integrazioni: nel 1904 (legge n. 390) vengono istituite le Commissioni provinciali e, a livello centrale, il Consiglio superiore dell'assistenza e beneficenza pubblica presso il Ministero dell'Interno. Con il R.D. 30-12- 1923, n. 2841 si procede alla riforma della legge 1890 determinando in modo più preciso le istituzioni soggette all'applicazione della legge (10); allo scopo di rendere più snella l'amministrazione delle opere di assistenza e beneficenza attraverso un maggiore decentramento e la semplificazione e la riduzione degli interventi di vigilanza e tutela; viene modificata la composizione delle Congregazioni di carità: la maggioranza dei membri diventa di nomina prefettizia, mentre il Presidente è eletto dai componenti della Congregazione (11); le istituzioni vengono ulteriormente concentrate e raggruppate; vengono affidati al Sottoprefetto i compiti di coordinamento già di spettanza delle soppresse Commissioni provinciali di beneficenza; inoltre il decreto del 1923 disciplina l'assistenza ospedaliera non ancora soggetta ad una normativa nonostante la legge 1890 imponesse l'adozione di provvedimenti legislativi entro il termine di tre anni. Nel 1926 (L. 17 giugno 1926, n. 1187) il numero dei membri delle Congregazioni è stabilito in cinque per i comuni con meno di 5000 abitanti, nove per i comuni dai 5000 ai 50000 abitanti e tredici nei comuni maggiori; parte dei membri è nominata direttamente dal Sottoprefetto (due per i comuni minori, quattro per i comuni dai 5000 ai 50000 abitanti e sei per comuni maggiori), gli altri componenti sono eletti dal Consiglio comunale, mentre il presidente è nominato direttamente dai membri della Congregazione. Dal 1928 (L. 4 marzo 1928, n. 413) l'amministrazione delle Congregazioni muta in modo sostanziale: il Presidente viene nominato dal Prefetto ed è affiancato da un Comitato di patroni i cui membri - di numero variabile a seconda della grandezza del comune (12) - sono anch'essi nominati dal Prefetto su terne di nominativi segnalati dalle associazioni sindacali comunali (13); la facoltà di deliberare e tutte le attribuzioni della Congregazione di Carità sono assunte dal Presidente, mentre il Comitato dei patroni ha funzione esclusivamente consultiva. Il Presidente ed i patroni durano in carica quattro anni e non vi sono limiti alla loro riconferma. Nel 1928 per effetto della cessazione dei comuni di Desenzano al Serio, Bondo Petello e Vall'Alta, le Congregazioni di carità di tali comuni, con gli enti da esse amministrati, vengono concentrate nella Congregazione di Carità di Albino. Nel 1937 le Congregazioni di Carità vengono soppresse con la creazione in ogni comune di un Ente Comunale di Assistenza (L. 3 giugno 1937, n. 847).

Note: (1) In Antico Regime l'esercizio delle pratiche del soccorso e della beneficenza era svolto da consorzi che mantenevano un forte legame sia con la comunità dei fedeli che riconoscevano la loro appartenenza comune ad una chiesa, sia alla comunità laica che esercitava ed esplicava le proprie forme di governo nella struttura comunale. La Misericordia di Albino non si è discostata da altri enti consimili riconosciuti in comunità montane del bresciano e del bergamasco. L'attività dell'ente Misericordia si svolge, sinteticamente su tre fronti: la carità e l'assistenza sono esplicate attraverso distribuzioni di elemosine e generi di prima necessità; l'amministrazione del patrimonio immobiliare conseguito attraverso lasciti testamentari è gestito solitamente con locazioni a lungo termine anche il mantenimento di benefici ecclesiastici è garantito da disposizioni di legati diversi. All'anno 1575 l'ente viene citato nelle Visite Apostoliche di S. Carlo Borromeo: "Il consorzio della Misericordia di Albino è retto da sei laici, che vengono eletti ogni anno a suffragio dagli uomini del comune la prima domenica di marzo. Fra questi uno chiamato ministro ha cura di riscuotere e di soddisfare agli obblighi, e di distribuire le elemosine seguendo la deliberazione del consiglio. Si dice che il reddito di questa istituzione sia di lire 1170. Distribuiscono ogni anno elemosine di pane, vino e sale a Natale e Pasqua, con polizze firmate dai presidenti e munite dei sigilli del consorzio, e solamente ai poveri. Fa celebrare 114 messe all'anno per diversi legati, ed una messa quotidiana per il legato di Andrea Cazeri, diversi offici per diversi legati fatti all'istituzione. Fa pure riparare gli edifici ed i mulini dell'istituzione. Ogni anno si rendono i conti ai nuovi officiali, anche se non vengono da loro firmati. Vendono i beni stabili senza licenza e consenso del reverendissimo ordinario (Vol.7 pag.401 e seguenti, -minute vol.31 fasc.15-16-17-18- Nella trascrizione e traduzione di Giampiero Tiraboschi, vedi anche A. G. Roncalli "Gli atti della Visita Apostolica di S. Carlo Borromeo (1575)", voll.6, Firenze 1936-1957, pag.581 e seguenti. Successivamente nella "Descrizione di Bergamo e suo territorio.1596" (Descrizione di Bergamo e suo territorio. 1596, a cura di Pagani Lelio e Marchetti Vincenzo, Bergamo, Lucchetti, 1988) si trova scritto che la Misericordia ha entrate per lire 241 dispensate ad un curato ed è amministrata da tre sindaci. (2) Lorenzoni Antonio, "Istituzioni del diritto pubblico interno, per il regno Lombardo Veneto", Padova, Minerva, 1835, vol. II, cap. IV. (3) "Sono opere pie soggette alle disposizioni della presente legge gli istituti di carità e di beneficenza, e qualsiasi ente morale avente in tutto od in parte per fine di soccorrere alle classi meno agiate, tanto in istato di sanità che di malattia, di prestare loro assistenza, educarle, istruirle od avviarle a qualche professione, arte o mestiere": art. 1 L. 753/1862. (4) Le Deputazioni sono elette dai Consigli provinciali e sono presiedute dai Prefetti. (5) L. 753/1862, art. 15. (6) L. 753/1862, art. 26. (7) L. 753/1862, art 2. (8) Della Peruta F., Le opere pie dall'Unità alla legge Crispi, in "Il Risorgimento. Rivista di storia del Risorgimento e di storia contemporanea", 1991, n. 2-3, p. 191. Cfr. anche Maternini Zotta M. F., La carità nei suoi aspetti giuridici, in Tra storia dell'assistenza e storia sociale. Brescia e il caso italiano, a cura di E. Bressan, D. Montanari e S. Onger, Brescia, Fondazione civiltà Bresciana, 1996, pp. 45-55. (10) Accanto alle istituzioni di beneficenza vengono assoggettate alla disciplina anche le istituzioni di assistenza intese come istituzioni "miranti a scopi generali di conservazione, tranquillità, di benessere e di miglioramento economico e morale della società non rientranti nel concetto tradizionale di beneficenza (cioè di istituzione caritativa)": Paisio F., Disciplina fondamentale delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, Parma, 1992, Casanova Editore, p. 19. Vedi anche la relazione del Presidente del Consiglio sul R.D. 2841/1923 presentata al re nell'udienza del 30 dicembre 1923. (11) Dal 1926 al 1928 i membri della congregazione torneranno ad essere eletti dal Consiglio comunale. (12) Il Comitato dei patroni è composto da 4 membri nei comuni con meno di 20000 abitanti, sei membri nei comuni con popolazione da 20000 a 100000 abitanti e otto nei comuni maggiori: art. 1, L. 413/1928. (13) Vedi Comune di Brignano Gera d'Adda. Archivio comunale (1816-1998) e archivi aggregati. Inventario, a cura di F. Berardi e G. Carotti, Bergamo, Archimedia S.c.r.l., 2000, pp. XLIII-XLVII.


Complessi archivistici:
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