Comune di Albino (sec. XI-1970), Albino


Tipologia: Ente (Comune)

Sede: Albino

Profilo storico-biografico: La presenza di un'importante corte vescovile è documentata nel territorio di Albino a partire dalla metà dell'XI secolo. L'attività dei gastaldi del vescovo, incaricati dell'amministrazione del patrimonio e della giustizia, è testimoniata fino dal 1164. Il comune di Albino appare esistere alla fine dell'XII secolo, come parte dell'aggregazione denominata "comune maggiore", che comprendeva anche Fiobbio, Desenzano al Serio, Comenduno, Bondo Petello e Aviatico con Ama, Amora e Ganda (1). Secondo lo Statuto di Bergamo del 1331 (2) faceva parte della "facta" di porta San Lorenzo. Le descrizioni dei confini del 1353 indicano l'insediamento del comune a destra del fiume Serio e sinistra le terre amministrate dal Comune Maggiore (3). Tale situazione è rappresentata in modo identico nel codice Patetta nel 1392 (4). In età veneta fece parte della valle Seriana Inferiore, e vi aveva la sua sede il vicario di valle, che amministrava la giustizia anche a Nembro ed Alzano. Nel 1475 venne aggregato il comune di Bondo. Agli inizi del Cinquecento il comune era retto da un arengo (consiglio generale) che eleggeva un consiglio di credenza cui era affidata l'elezione delle cariche comunali. Tale collegio era formato da quindici membri (credendari) ai quali spettava il compito di eleggere annualmente due consoli, un canevaro e tre campari, secondo quanto disposto negli statuti del 1443. Un'edizione successiva degli statuti del 1725 menziona, inoltre, come organi eletti dal consiglio un consigliere per i consigli di valle, un notaio, un calcatore delle strade comunali, tre revisori dei conti dei consoli, un canevario e oste del comune e due contabili. Ogni credendario veniva eletto da un gruppo di cinque membri del consiglio generale; ogni gruppo veniva chiamato a turno a dichiarare la propria nomina fino al completamento del consiglio. Dalla seconda metà del XVI secolo i credendari uscenti, che abbandonavano la carica per almeno due anni, facevano parte dei gruppi di elettori. Questo sistema, così concepito per permettere controlli incrociati e assicurare la continuità amministrativa, finì invece coll'essere completamente asservito ai giochi di potere di un'oligarchia ristretta di mercanti, proprietari terrieri imprenditori e notai, appartenenti in definitiva alle famiglie (o parentele) più ricche e importanti di Albino. Tale struttura, definita negli statuti del 1443, rimase sostanzialmente invariata sino alla fine dell'Antico Regime (5). L'unica edizione completa di statuti di Albino rinvenuta fino ad ora, anche se certamente ne esistevano di più antiche, è appunto quella del 1443. Si tratta una copia settecentesca redatta dal notaio Bartolomeo Azzola dopo il 1726, desunta da altra copia del 1725. Gli originari 119 capitoli vennero approvati dal podestà di Bergamo nel 1461 e le aggiunte ed aggiornamenti fino al 1507 di volta in volta da giuristi bergamaschi a ciò deputati. A fine Cinquecento il comune possedeva due monti assieme a Comenduno e Desenzano, contava 420 fuochi e 1266 abitanti distribuiti nelle contrade Bondo, Bruseto, Petello, Ama Amora e Ganda a destra del Serio e al dià del fiume Fiobbio e Polona (6). Nel 1653, dopo una lite decennale, alcune delle contrade di Albino si staccarono: Bondo Petello, Dosso, Aviatico, Ama, Amora, Fiobbio, Berlino. Nacquero contrade parzialmente autonome, rappresentate in seno agli organi comunali da un proprio sindaco, mentre anche il comune di Albino propriamente detto si articolò in cinque contrade interne (Cim'Albino, Piazza Camparo, Chiesa, Albina e Him'Albino) anche se l'unico vero e proprio comune appare quello di Fiobbio (citato come tale anche dal Maironi da Ponte che definì, addirittura Ama e Amora contrade di Nembro). A fine Settecento il comune contava 2146 abitanti (7). Con la fine dell'Antico Regime e l'avvento della Repubblica Bergamasca il comune venne inserito nel cantone di Alzano nell'aprile 1797 (8), divenne capoluogo del distretto I di Albino nel marzo 1798 (9), mentre nel settembre di quello stesso anno fu collocato nel distretto XIII della Nesa (10). La Costituzione della Repubblica Cisalpina data il 15 fruttidoro anno VI (1 settembre 1798) e successivamente la Legge 15 fruttidoro anno VI (1 settembre 1798) sull'organizzazione e sulle funzioni dei corpi amministrativi definivano l'organizzazione delle municipalità. Nei comuni con popolazione compresa tra tremila e centomila abitanti vi era una sola amministrazione municipale, costituita da un diverso numero di ufficiali municipali a seconda della popolazione, i comuni con meno di diecimila abitanti ebbero un ufficiale municipale ed uno o due o tre aggiunti (e questo è il caso di Albino). Le amministrazioni municipali di ogni distretto si convocavano in assemblea almeno tre volte al mese, su indicazione dell'amministrazione dipartimentale, con la possibilità di "riunirsi anche straordinariamente", quando fosse giudicato "necessario al servigio". Veniva stabilito infine che tutte le determinazioni prese dalle amministrazioni municipali dovessero essere "scritte sopra un registro particolare", nel quale i componenti dell'amministrazione presenti alle sedute dovevano apporre le proprie sottoscrizioni. Venivano in seguito descritte le funzioni "proprie" della municipalità e le altre "loro delegate dall'amministrazione dipartimentale". Fra le funzioni proprie erano contemplate l'organizzazione della polizia e della guardia nazionale, la manutenzione dei ponti e delle strade comunali, l'illuminazione delle strade, il regolamento e il pagamento delle spese municipali, la nomina del ricevitore municipale e degli altri salariati, le fazioni militari, gli alloggi, le vettovaglie e la sanità. Fra le funzioni delegate vi erano invece il riparto e il ricevimento delle contribuzioni dirette, la vigilanza sull'istruzione pubblica, sugli stabilimenti ecclesiastici, sui lavori pubblici del rispettivo circondario, sugli ospizi, ospedali e prigioni, sull'approvvigionamento delle sussistenze e in generale su tutti gli oggetti sui quali le amministrazioni dipartimentali richiamavano la loro attenzione. Nel maggio 1801 fu inserito nel distretto I di Bergamo (11). La legge sull'organizzazione delle autorità amministrative 24 luglio 1802 definiva il seguente assetto del territorio: gli organi di Governo risiedevano nella capitale, ogni Dipartimento era presieduto da un Commissario per il potere esecutivo, in seguito da un Prefetto, nel capoluogo di distretto risiedeva un Viceprefetto, nel capoluogo di cantone un Cancelliere censuario. Il territorio è diviso in dipartimenti, distretti e cantoni. Veniva inoltre introdotta un'organica suddivisione dei comuni in tre classi definite in base alla consistenza della popolazione residente, stabilendo per i comuni di prima classe un numero di abitanti superiore a diecimila unità, per i comuni di seconda classe un numero di abitanti compreso fra diecimila e tremila unità, per i comuni di terza classe un numero di abitanti inferiore a tremila unità. L'appartenenza alle varie classi determinava diverse modalità nella composizione delle municipalità e dei consigli comunali e criteri differenti di eleggibilità dei loro componenti. La legge stabiliva che il consiglio comunale nei comuni di prima e seconda classe si componesse rispettivamente di quaranta o trenta cittadini, metà dei quali tra i possidenti. I membri del consiglio si rinnovavano parzialmente di anno in anno entro un quinquennio, ed erano nominati dal consiglio generale del dipartimento sopra una lista tripla presentata dallo stesso consiglio comunale. Le municipalità esercitavano funzioni esecutive e si convocano a seconda delle necessità e su domanda del cancelliere distrettuale, del prefetto o viceprefetto, dal quale dipendevano immediatamente. Nel giugno 1804 il comune di Albino passò nel distretto IX della Nesa (12), mentre fu in seguito inserito nel cantone VI di Alzano Maggiore del distretto I di Bergamo con il passaggio dalla Repubblica italiana al Regno d'Italia (13). Nel 1805 il comune aveva 1489 abitanti. L'avvento del Regno d'Italia implicò una trasformazione degli ordinamenti locali ai sensi del decreto 8 giugno 1805 (14). Gli organi di Governo risiedevano nella capitale, a capo del Dipartimento era il Prefetto, a capo del Distretto il Viceprefetto, a capo del Cantone il Cancelliere Censuario. Il territorio è diviso in dipartimenti, distretti e cantoni. Si riaffermavano alcune prerogative delle amministrazioni municipali e dei loro organi previste dalla precedente normativa, ma al contempo ne introduceva altre, che accentuavano il carattere accentrato del sistema amministrativo. Venne confermata la suddivisione di comuni in classi. I consigli comunali di comuni di prima e seconda classe erano di nomina reale. In questi consigli le riunioni si dovevano tenere sempre alla presenza del prefetto, del viceprefetto o di un loro delegato. Convocati sempre in luogo pubblico con almeno quindici giorni di preavviso dalle municipalità nei comuni, i consigli comunali si riunivano in via ordinaria due volte all'anno (in gennaio o febbraio e in settembre o ottobre) e in via straordinaria "a qualunque invito del prefetto e del viceprefetto". I consigli deliberavano collegialmente a scrutinio segreto. Nella prima seduta esaminavano il rendiconto dell'esercizio finanziario precedente, mentre nella seconda nominavano o eleggevano i componenti della municipalità in scadenza, determinavano le spese e l'ammontare delle imposte comunali per l'anno successivo e nominavano i revisori dei conti per l'anno precedente. La municipalità era composta da un podestà e rispettivamente da sei o quattro savi. Questo collegio eseguiva tutte le funzioni amministrative e rappresentative del comune: predisponeva il conto consuntivo dell'anno antecedente e il conto preventivo per l'anno successivo, proponeva ai consigli comunali deliberazioni su materie di particolare interesse per la comunità ed eseguiva le determinazioni degli stessi consigli approvate dai prefetti o vice-prefetti. Il podestà veniva nominato dal re da una terna di nomi proposti dal consiglio comunale, durava in carica tre anni. I savi, proposti ed eletti dai consigli comunali a scrutinio segreto a maggioranza assoluta di voti fra i cento maggiori estimati nei comuni di prima classe e fra i cinquanta in quelli della seconda, si mutavano parzialmente ogni anno, in modo che entro un triennio fossero interamente rinnovati. Il sindaco, di nomina prefettizia, durava in carica un anno. Gli anziani, nominati fra i venticinque più ricchi o notabili del comune ed eletti dal consiglio a maggioranza assoluta, si rinnovavano ogni anno. Nel 1809 Albino aveva 1444 abitanti. Successivamente Il comune nell'ambito di ulteriori cambiamenti di ripartizione amministrativa del territorio venne inserito del cantone VI di Alzano Maggiore del distretto I di Bergamo, aggregò nel gennaio 1810 Comenduno e Desenzano, Fiobbio, Bondo Petello, Bruseto (15). Nell'aprile 1812 aggregò il comune di Aviatico. La sovrana patente 7 aprile 1815, atto costitutivo del Regno Lombardo-Veneto, stabilì che l'organizzazione amministrativa dei comuni dovesse rimanere per il momento conservata nelle allora forme vigenti, mantenendo la suddivisione in tre classi dell'ordinamento napoleonico. Nel 1816 il comune di Albino (con una popolazione di 1753 abitanti) venne collocato nel distretto VI di Alzano Maggiore (16) e i quattro comuni precedentemente aggregati vengono ricostituiti. Con la nuova regolamentazione degli enti locali avuta con notificazione 12 febbraio 1816 perfezionata e resa pienamente operativa dalle "istruzioni per l'attivazione del nuovo metodo d'amministrazione comunale colle attribuzioni delle rispettive autorità" contenute nella successiva notificazione 12 aprile 1816, veniva fornito un quadro articolato dell'organizzazione e del funzionamento degli organi preposti all'amministrazione dei comuni. Il territorio è diviso in provincie, nel cui capoluogo è posta una Delegazione provinciale, distretti, governati da un Cancelliere del censo e dal 1819 da un Commissario Distrettuale, e infine da comuni. I funzionari preposti alle Provincie e ai distretti erano di nomina statale. Albino secondo tali istruzioni era dotata di un consiglio comunale di una deputazione. Dal 1818 al 1859 fece parte nel distretto VI di Alzano Maggiore dopo avere aggregato Fiobbio su richiesta di quest'ultimo (17). Nel 1853 passò nel distretto II di Bergamo (18). In quella data era comune con consiglio comunale, senza ufficio proprio, con 2529 abitanti. In seguito all'unione temporanea delle province lombarde al regno di Sardegna, in base al compartimento territoriale stabilito con la legge 23 ottobre 1859, il comune di Albino, con popolazione di 2729 abitanti, fu incluso nel mandamento VII di Alzano maggiore, circondario I di Bergamo, provincia di Bergamo. Tale legge estese alle province lombarde gli ordinamenti locali di comuni e province vigenti nello stato sabaudo. La legge si apre col Titolo I: Divisione del Territorio del Regno e Autorità governative in cui si dispone la divisione del Regno in Province, Circondari, Mandamenti e Comuni. Alla costituzione nel 1861 del Regno d'Italia, il comune aveva una popolazione residente di 2.767 abitanti (dati del censimento 1861). In base alla legge sull'ordinamento comunale del 1865 il comune veniva amministrato da un sindaco, da una giunta e da un consiglio. La prima legge organica sugli ordinamenti dell'amministrazione comunale e provinciale emanata in epoca postunitaria nel 1865 apportò poche modifiche alla precedente legge del 23 ottobre 1859. Le novità più significative riguardarono i mutamenti delle circoscrizioni comunali, la distribuzione delle competenze tra gli organi, l'elencazione delle spese considerate obbligatorie. Per il resto i 235 articoli della legge 1865 - escluse le norme transitorie - furono una sostanziale ripetizione dei 222 articoli della legge del 1859 (20) Nel 1867 il comune risultava incluso nello stesso mandamento, circondario e provincia (Circoscrizione amministrativa 1867) fino al 1897. Secondo i dati del censimento del 1871 e del 1881 si rileva un notevole incremento della popolazione che alla prima soglia risulta avere 2.973 abitanti e 3.449 alla seconda. La legge 30 dicembre 1888, n. 5865, che costituisce tuttora l'ossatura dell'attuale ordinamento comunale, apportò notevoli modifiche alla precedente legislazione (legge 30 dicembre 1888) (21). La legge 29 luglio 1896, n. 346 (Di Rudinì) dispose l'elezione dei Sindaci da parte di tutti i consigli comunali confermando la durata triennale della carica del Sindaco. (34) Nel 1901 il comune aveva una popolazione di 5.135 abitanti che aumentano a 5.865 secondo i dati del censimento del 1911 e a 6.412 secondo quelli del 1921. Il Governo Giolitti emanò il nuovo testo unico, il R.D. 21 maggio 1908, n. 269, le cui disposizioni fondamentali non proposero mutazioni sostanziali. Con la legge 30 giugno 1912 n. 665, vennero ammessi all'elettorato attivo tutti i cittadini (maschi) di almeno 30 anni di età, anche se analfabeti, e quelli, tra i 21 e i 30 anni, aventi taluni titoli di capacità o di censo. Tale legge, coordinata con le precedenti disposizioni, formò il T.U. 30 giugno 1912, n. 666, poi ancora parzialmente modificato (legge 22 giugno 1913, n. 648 e T.U. 26 giugno 1913, n. 821). Con la legge 19 giugno 1913, n. 640 tali prerogative venivano garantite anche all'elettore amministrativo. Venne stabilita in quattro anni la durata dei consigli comunali e provinciali (art. 2), portando a 30 il numero minimo dei consiglieri provinciali, prima fissato in 20. Il nuovo T.U. effetto del R.D. 4 febbraio 1915, n. 148 non si discostò dal precedente se non per la parte concernente la disciplina elettorale. L'avvento del fascismo arrestò lo sviluppo democratico delle autonomie locali mutando radicalmente i rapporti tra gli enti comunitari e lo stato. L'introduzione dell'istituto podestarile venne attuato dapprima nei comuni fino a 5.000 abitanti, con legge 4 febbraio 1926, n. 237. Questa norma dispose che il podestà era assistito, ove il Prefetto l'avesse ritenuto opportuno, da una Consulta municipale, il cui numero era determinato dal Prefetto stesso, in misura non minore a 6 membri, di cui un terzo nominato direttamente e i due terzi erano individuati degli Enti economici, dei Sindacati e delle associazioni locali. La consulta dava pareri facoltativi, sulle materie richieste dal podestà, e obbligatori sui bilanci, gli impegni ultraquinquennali, le imposizioni dei tributi, l'alienazione dei beni, l'assunzione diretta dei pubblici servizi. Il podestà durava in carica 5 anni e poteva essere trasferito da un Comune all'altro della Provincia. Nel 1928 con R. D. n. 62 del 12 gennaio 1928 al comune di Albino vennero aggregati i comuni di Desenzano al Serio, Bondo Petello e Vall'Alta. L'ordinamento podestarile fu dopo poco esteso a tutti i Comuni col R.D.L. 3 settembre 1926, n. 1910, senza, però, possibilità di trasferimento del podestà per i Comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti o capoluoghi di provincia. Per questi poteva essere anche nominato un vice podestà o due per i Comuni con più di 100.000 abitanti (dei quali uno eventualmente anche impiegato statale), ed era obbligatoria la Consulta, con un numero di membri da 10 a 40, secondo l'entità demografica del Comune. Venne così completamente sostituito il sistema delle elezioni con quello della nomina dall'alto, attribuita per lo più in base a benemerenze di partito.Tutto il complesso organizzativo della pubblica amministrazione era ordinato secondo le linee di una stretta "gerarchia". Si diede attuazione, in tal modo, al nuovo corso iniziato l'anno precedente con la soppressione di tutti i partiti e di tutte le forze politiche estranee al fascismo: cessò ogni concreto collegamento tra l'elemento popolare e la sua espressione amministrativa, affidata a funzionari del regime e veniva ad instaurarsi un sistema di statalizzazione degli enti minori, ridotti al rango di "organi indiretti dello Stato". Col testo unico approvato col R.D. 3 marzo 1934, n. 383 vennero apportate notevoli modifiche alle norme anteriori. Fu esteso a tutti i comuni del controllo prefettizio, anche di merito, sulle deliberazioni non sottoposte all'esame speciale della Giunta Provinciale Amministrativa, laddove la legge podestarile 4 febbraio 1926 n. 237 aveva limitato il sindacato prefettizio di opportunità ai Comuni minori; la durata della carica podestarile venne limitata a 4 anni. Altre modifiche riguardarono la determinazione del titolo di studio minimo della scuola media superiore e degli altri requisiti occorrenti per la carica podestarile; la sospensione dei podestà; l'eliminazione dell'istituto del trasferimento del podestà; l'attribuzione al prefetto della facoltà di istituire le consulte nel Comuni con popolazione inferiore ai diecimila abitanti; l'attribuzione della nomina dei Rettori provinciali al Ministro dell'Interno; il riordinamento dei controlli sui Comuni e sulle Provincie con attribuzione al prefetto del controllo anche di merito sulle deliberazioni non sottoposte alla G.P.A.; la soppressione dell'azione popolare. Dopo la caduta del fascismo, l'amministrazione dei Comuni e delle Provincie, in attesa di poter tornare al sistema elettivo, venne disciplinata dal R.D.L. 4 aprile 1944, n. 11. Tale D.L. dispose che ogni Comune avesse un Sindaco e una Giunta municipale, la quale esercitava anche le competenze spettanti al Consiglio. Successivamente, con il D.L.L. 7 gennaio 1946 n. 1 che era stato preceduto dalle disposizioni del D.L.L. 28 settembre 1944 n. 247 riguardanti la formazione delle liste elettorali, e dal D.L. 1 febbraio 1945 n. 23 estensivo del diritto di voto alle donne, vennero dettate le norme per la ricostituzione delle Amministrazioni comunali su base elettiva come al testo prefascista in materia, cioè al T.U. del 1915. Detto D.L. n. 1 stabilì che ogni comune avesse un consiglio, una giunta e un sindaco, e modificò in parte la composizione dei Consigli e delle Giunte, accrescendone il numero dei membri per i comuni di maggiore entità demografica; lasciò sostanzialmente invariate le norme per la elezione del Sindaco da parte del Consiglio comunale, e confermò la durata quadriennale degli organi elettivi comunali Nel corso del tempo infine per effetto dei decreti del decentramento dei servizi delle amministrazioni statali si ampliarono le funzioni dei Comuni e delle Provincie. La successiva legge 24 febbraio 1951, n. 84, Norme per la elezione dei consigli comunali, lasciava al consiglio comunale la facoltà di stabilire il numero degli assessori, rispetto alla composizione della Giunta municipale. Con l'articolo unico della legge 22 marzo 1952, n. 173, vennero modificate le norme per l'elezione del Sindaco per la quale occorreva la presenza della metà più uno dei consiglieri in carica. La legge 23 marzo 1956, n. 136, in modifica del T.U. 1915, stabilì il ritorno al sistema del numero fisso degli assessori municipali. Tutte le suddette norme sono state, poi, rifuse nel vigente T.U., per la elezione dei consigli comunali, approvato con D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570.

Note: (1) Nell'archivio del comune di Bondo Petello è stato rinvenuta "Copia dello strumento di divisione dei beni appartenuti al Comune Maggiore di Albino tra i comuni di Albino, Desenzano con Comenduno, Bondo ed Aviatico, rogato dal notaio Pietro Antonio Nighersoli fu Francesco il 12 luglio 1824. (unità 18 faldone 3). La fisionomia del Comune Maggiore è stata oggetto di attenti studi da parte di Piero Soglian. Vedi Piero Soglian, Autonomie e privilegi in Nostra Res Publica Albinensis. Valli e contrade nel Medio Evo, Albino, Biblioteca della Valle Seriana, 1991. Oltre ai territori dei comuni citati nell'ampia circoscrizione del Comune Maggiore erano ricompresi anche territori destinati ad uso comune dell'attuale comune di Aviatico poste sul versante sinistro del fiume Serio. Questo ente sovracomunale viene menzionato per la prima volta nel 1173 (Zonca Andrea, L'età Medievale, in Alberto Belotti, Giulio Orazio Bravi, Piero Soglian, Storia delle terre di Albino, Albino, Amministrazione Comunale di Albino, 1996). Il primo riscontro documentale in cui appare agire come ente pienamente autonomo risale al 1250. Originariamente l'ente doveva costituirsi come organo di rappresentanza degli interessi dei comuni componenti nei confronti dell'autorità signorile nell'ambito delle concessioni d'uso dei beni; in progresso di tempo l'evoluzione del rapporto si trasformò in un vero e proprio possesso dei territori inclusi nella circoscrizione territoriale del Comune Maggiore che permette di configurare per l'ente una vera e propria autonoma personalità giuridica. La gestione di tale patrimonio collettivo cessò di fatto con la caduta della Repubblica Serenissima e le Deputazioni di Albino, Fiobbio, Desenzano al Serio, Comenduno, Bondo Petello e Aviatico con Ama, Amora e Ganda venne decisa nel 1816 e completata nel 1824. (2) Lo statuto di Bergamo del 1331, Milano, Giuffré, 1988. (3) Innocenti Franco, Piazzo e Trevasco. Un territorio di e la sua gente dai primi dell'Ottocento ai giorni nostri, Biblioteche della Valle Seriana, Biblioteca di Albino, Quaderno n. 1, 1989, Albino; Innocenti Franco, Le calcazione trecentesche nell'Albinese, in Nostra Respublica Albinensis. Valli comuni e contrade a cura di Pier Maria Soglian, Albino, Biblioteca della Valle Seriana, 1991 (4) Confini dei comuni del territorio di Bergamo, 1392 - 1395 : trascrizione del codice Patetta n. 1387 della Biblioteca apostolica Vaticana / a cura di Vincenzo Marchetti ; introduzione di Ermenegildo Camozzi ; indici a cura di Paolo Oscar Bergamo : Provincia, 1996. (5) Piero Soglian, Autonomie e privilegi in Nostra Res Publica Albinensis. Valli e contrade nel Medio Evo, Albino, Biblioteca della Valle Seriana, 1991; Alberto Belotti, Giulio Orazio Bravi, Piero Soglian, Storia delle terre di Albino, Albino, Amministrazione Comunale di Albino, 1996. (6) Giovanni Da Lezze, Descrizione di Bergamo e suo Territorio, Bergamo, Provincia di Bergamo, a cura di V. MARCHETTI e L. PAGANI, Bergamo 1988 (7) Giovanni Maironi da Ponte, Novo catalogo delle comunità e contrade loro spettanti, di tutta la provincia bergamasca, colla spiegazione a quali giurisdizioni, o quadre appartengano ad uso delle cancellarie e pubblici tribunali di questa Magnifica Città, Bergamo, Eredi de' Fratelli Rossi Stampatori Camerali, 1776. (8) Legge 17 aprile 1797: Distrettuazione della Repubblica Bergamasca (17 aprile 1797). Il Cantone comprendeva i seguenti comuni : Alzano, Albino, Ama, Amora, Aviatico, Brumano, Desenzano e Comenduno, Ganda, Lonno, Monte di Nese, Nese, Nembro, Olera, Orezzo, Piario, Pradalunga, Selvino, Valzurio. (9) Legge 6 marzo 1798. Legge per l'organizzazione del Dipartimento del Serio (6 marzo 1798), Consiglio de' Seniori della Repubblica Cisalpina, Raccolti delle leggi, proclami, ordini ed avvisi pubblicati in Milano nell'anno VII repubblicano, V, Milano, 1798. Il distretto comprendeva i seguenti comuni: Albino, Ama con Amora e Aviatico, Cornale, Desenzano e Comenduno, Pradalunga, Selvino, Vall'Alta, Nembro. (10) Legge 26 settembre 1798. Il Distretto comprendeva i seguenti comuni: Alzano maggiore, Alzano, di sopra, Gorle con Pedrengo, Monte di Nese, Nese, Olera, Ranica, Redona, Rosciate, Scanzo, Seriate, Torre Boldone, Valtesse, Villa di Serio, Lonno e Brumano, Desenzano, e Comenduno, Albino, Ama con Amora e Aviatico, Cornale e Pradalunga, Selvino, Vall'Alta, Nembro. (11) Legge 13 maggio 1801 (12) Decreto 27 giugno 1804 (13) Decreto sull'Amministrazione pubblica e sul Comparto territoriale del Regno (8 giugno 1805), Bollettino delle leggi del Regno d'Italia, Milano, 1805, I, pp. 141-304. (14) Decreto sull'Amministrazione pubblica e sul Comparto territoriale del Regno (8 giugno 1805), Bollettino delle leggi del Regno d'Italia, Milano, 1805, I, pp. 141-304. (15) Decreto 31 marzo 1809 Prospetto per la concentrazione de' comuni del Dipartimento del Serio approvato con Decreto 31 marzo 1809 di Sua Altezza Imperiale il Principe Vice-Re. (16) Legge 12 febbraio 1816 Notificazione governativa sulla compartimentazione delle province lombarde (12 febbraio 1816), Atti del governo lombardo, Milano, 1816, I. (17) Decreto 25 novembre 1818 e aggregazione di Fiobbio, 1818. Aggregazione del comune di Fiobbio a quello di Albino, 25 novembre 1818, Archivio di Stato di Milano, catasto, busta 758. (18) Notificazione della luogotenenza lombarda (23 giugno 1853), Bollettino provinciale degli Atti del governo per la Lombardia, Milano, 1853, II. (19) Il Consiglio comunale risulta composto da sessanta membri nei Comuni con popolazione superiore ai 60 mila abitanti; da quaranta membri in quelli la cui popolazione supera i 30 mila abitanti; da trenta membri nei Comuni con popolazione eccedente i 10 mila abitanti; da venti membri in quelli dove la popolazione è superiore ai 3 mila abitanti; da quindici membri negli altri comuni (art. 12). (20) Di seguito vengono elencate le principali differenze dal precedente testo normativo. Del Tit. II (Dell'Amministrazione comunale), il Cap. I (artt. 10-16 : Del Comune) contiene una parte nuova per ciò che concerne la riunione di più comuni, la erezione in comuni di frazioni, e la separazione delle spese ( artt. 13, 14, 15, 16); eleva (art. 11) il numero dei consigli comunali e degli assessori. Il Cap. II (artt. 10-73 : Delle elezioni), è del tutto uguale a quello del 1859; uniche modifiche: il II c. dell'art. 27 ( i fratelli possono essere contemporaneamente membri del consiglio ma non della Giunta municipale); l'introduzione dei termini agli artt. 39 e 43; l'aggiunta di un 3. Comma all'art. 72. Il Capo III (artt. 77-90: Dei Consigli comunali), porta a 30 giorni la durata delle sessioni; completa le disposizioni sulle istituzioni fatte a pro delle generalità degli abitanti (art. 82); modifica, in parte, gli oggetti delle deliberazioni consiliari(art. 87). Il Capo IV (artt. 91-96: Della giunta municipale) introduce la disposizione secondo cui la giunta si rinnova ogni anno per metà (art. 91); completa la elencazione delle competenze(art. 93); prescrive che le deliberazioni d'urgenza vanno comunicate subito al prefetto e nella prima adunanza al Consiglio. Nel Capo V (artt. 97-110: Del Sindaco) vengono in parte modificati l'articolo 102 sulle competenze sindacali e il 103 sulle attribuzioni del Sindaco come ufficiale del Governo; introdotti gli artt. 106 sulla ripartizione in quartieri dei comuni superiori ai 10.000 abitanti e 107 sul delegato del Sindaco. Immutato rispetto alla legge del 1859 il Capo VI ( artt. 111-129: Dell'amministrazione e contabilità comunale), con una più esauriente descrizione delle spese obbligatorie (art. 116) per il servizio sanitario, per opere pubbliche e opere di difesa dell'abitato contro fiumi e torrenti, costruzioni di porti e fari, acquedotti e per la polizia locale. Rimane sostanzialmente immutato anche il sistema dei controlli definito nel Capo VII, Dell'ingerenza governativa nell'amministrazione comunale e delle deliberazioni dei comuni soggette ad approvazione, che introduce il parere del consiglio di prefettura nel caso di annullamento prefettizio delle deliberazioni illegittime (art. 136). Invariato il capo VIII contenente le Disposizioni generali per l'amministrazione dei comuni. Nel regolamento per l'esecuzione della legge sull'amministrazione sono contenute delle norme che interessano particolarmente le procedure di produzione e conservazione della documentazione. All'art. 20 viene dichiarato che nessuna delle carte spettanti all'amministrazione comunale può essere dal segretario estratta dall'ufficio od archivio comunale, senza un'esplicita autorizzazione del Sindaco. All'art. 21 viene specificato che in ogni comune il segretario deve tenere in corrente almeno i registri indicati nella tabella n. 2 annessa al presente regolamento, oltre quelli prescritti da leggi o da regolamenti generali: "1. Elenco dei Consiglieri comunali con indicazione della cadenza rispettiva; 2. Elenco degli Assessori colla norma di cui sopra; 3. Indice delle deliberazioni del Consiglio con indicazione dei Decreti dell'Autorità annessi alle medesime; 4. Indice delle deliberazioni della Giunta, come sopra; 5.Indice delle Circolari delle Autorità; 6. Elenco dei diversi inventari esistenti nell'Archivio e nell'Ufficio; 7. Elenco delle iscrizioni ipotecarie ammesse a favore e contro il Comune, delle loro rinnovazioni periodiche operate ai termini di legge p della precisa indicazione delle epoche in cui si debbono rinnovare; 8. Elenco dei certificati spediti dal Sindaco colla indicazione dei richiedenti , della data di spedizione e del diritto esatto ; 9. Registro di protocollo per l'annotazione delle lettere tulle pervenute all'Ufficio comunale e di quelle spedite dal medesimo: 10. Registro dei mandati comunali 11 Libro mastro per la registrazione delle entrate e spese comunali". Deve inoltre tenere debitamente legati e rubricati in ordine cronologico o di numero: 1. Gli originali delle deliberazioni del Consiglio e della Giunta. 2. Gli originali delle liste elettorali di ciascun anno approvati dall'autorità competente. 3. Le leggi ed i decreti del Regno appartenenti all'edizione ufficiale e il bollettino della Prefettura. 4. I bilanci o stati preventivi. 5. I conti consuntivi; 6. I ruoli dei comunisti tenuti a fare le prestazioni militari. 7. I libri od atti relativi, al censo o catasto. 8. Gli atti relativi al censimento della popolazione ed alle notizie statistiche. 9 Le mercuriali periodiche dei cereali e d'altri prodotti nei comuni in cui ha luogo un mercato. 10 I verbali di mensile verificazione di cassa, nei comuni ove questa incombenza non è riservata agli agenti del Ministero delle Finanze. 11. Le carte relative alla leva militare di ciascun anno. Ogni anno il segretario comunale deve spedire alla Prefettura l'indicazione dei lavori eseguiti entro il 15 luglio, nella tabella allegata al regolamento tali affari sono elencati e corrispondono, ovviamente, tutti ad altrettante produzioni documentarie. "1. Tutti lavori relativi alle spese obbligatorie per i Comuni, ai termini di legge o di regolamenti generali e singolarmente dell'art. 116 della legge contemplala nei presente regolamento; 2. Verificazioni mensili della Cassa comunale nei Comuni in cui è chiamalo a procedervi il Sindaco; 3. Relazione di pubblicazione di leggi, regolamenti od avvisi nello interesse nazionale o provinciale, senza pregiudizio di quelle più frequenti prescritte da leggi o da regolamenti generali; 4. Servizio della leva; 5. Servizio delle somministrazioni militari; 6. Censimento della popolazione statistica ed alti relativi ; 7. Catasto ed operazioni relative ; 8. Ruoli di tributi; 9. Professioni sanitarie e lavori attinenti alla sanità pubblica ed agli stabilimenti pericolosi ed incomodi ; 10. Pubblici esercenti; 11. Sicurezza pubblica e certificali relativi; 12. Stabilimenti industriali e manifatture esistenti nel Comune; 13. Indennità di via; 14. Liste dei giurati ; 15. Supplementi od appendici ai diversi inventari ; 16. Strade comunali; 17. Monumenti ed oggetti d'arte; 18. Annona e mercuriali relative; 19. Marineria e navigazione. (21) Le più importanti innovazioni possono essere così riassunte: ogni comune deve avere un segretario e un ufficio comunale; più comuni possono consorziarsi per avvalersi di uno stesso segretario (art. 2); si dà facoltà al Governo di procedere in ogni tempo alla costituzione di nuovi Comuni; si rinnova parzialmente la materia elettorale; si affida alla magistratura la presidenza degli uffici elettorali; si elimina la prescrizione che la sessione ordinaria dei consigli comunali non può durare più di 30 giorni; la riunione straordinaria del consiglio può esser indetta dal Sindaco, dalla Giunta o su domanda di un terzo dei consiglieri; nei comuni con popolazione superiore ai 10 mila abitanti, il Sindaco è eletto nel proprio seno dal consiglio comunale (art. 50); si prevede (art. 52), per la prima volta la rimozione dei sindaci ad opera del consiglio; qualora il sindaco "non adempia ai suoi obblighi" può essere sostituito , per tre mesi, da un apposito Commissario (art. 53); si rendono pubbliche le sedute dei consigli comunali (art. 82); oltre allo scioglimento dei consigli comunali per gravi motivi di ordine pubblico, si può ricorrere al loro scioglimento in caso che "richiamati all'osservanza di obblighi loro imposti per legge, persistano a violarli" (art. 84). Poiché la legge concede al Governo la facoltà di coordinare in testo unico le proprie disposizioni con quelle della legge del 1865 e delle altre che l'avevano modificata, a tanto si provvede col T.U. 10 febbraio 1889, n. 5921 (legge 10 febbraio 1889). La legge 11 luglio 1894, n. 287, contiene una norma (art. 9), che stabilisce una maggiore durata (anni 6) dei consigli comunali, prescrivendone la rinnovazione per metà ogni 3 anni e dispone che anche il Sindaco rimanga in carica per un triennio.


Complessi archivistici:
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