Ricchezza mobile
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Le 22 unità del sottotitolo documentano la gestione della riscossione della tassa sulla ricchezza mobile dal momento della sua istituzione fino alla fine del secolo.
Il 30 giugno 1863 iniziò alla camera la discussione circa l'introduzione della tassa sulla ricchezza mobile. Il primo ministro Minghetti affermò che "era necessario ed urgente parificare il sistema dei tributi in Italia, necessario ed urgente, quindi, parificare la tassa sui redditi della ricchezza fondiaria, necessario ed urgente contemporaneamente imporre comunque una tassa sui redditi della ricchezza non fondiaria". Minghetti stesso si oppose all'estensione pura e semplice del sistema piemontese. La camera approvò il disegno di legge con 130 voti a 72 il 21 luglio 1863, il senato fece lo stesso e ne discusse fino a gennaio. Il 30 gennaio la nuova votazione alla Camera diede un risultato di 150 favorevoli e 40 contrari. La legge fu pubblicata il 14 luglio 1864 in attesa della perequazione fondiaria. Fra le cose importanti, la possibilità per comuni e province di applicare centesimi addizionali con l'esclusione delle quote fisse inferiori a 250 lire annue imponibili.
Il nuovo tributo si presentava di difficile esazione: era nuovo in buona parte del paese, perché non esisteva in Sicilia, Napoli e Lazio e esisteva in modo e forme diverse altrove. Si scelse innanzitutto di applicare una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale. Si doveva scegliere, inoltre, se attivare un'imposta unica o diverse imposte. Prevalse l'idea di non estendere il modello piemontese, di non attivare imposte molteplici e di studiare una tassazione unica e diretta sulle rendite mobiliari.
Per i redditi patrimoniali la legge previde la detrazione delle annualità passive anche ipotecarie che li gravavano. Per i redditi industriali e professionali fu prevista la deduzione delle spese inerenti la produzione. I redditi provenienti da capitali dati a mutuo, quelli vitalizi, e in generale i redditi in somma definitiva dovevano essere dichiarati nella somma indicata dai relativi titoli senza detrazioni.
La legge prevedeva che il contribuente facesse la propria dichiarazione dei redditi secondo la seguente procedura. La giunta municipale trasmetteva all'agente finanziario la lista degli individui, enti morali o corporazioni che andavano soggetti all'imposta e la lista degli esenti per indigenza. L'agente trasmetteva la contribuente la scheda invitandolo a fare la propria dichiarazione. Se entro il termine di legge non arrivava nessuna dichiarazione, l'agente la faceva d'autorità. A quel punto inviava le proprie proposte di imposizione alla commissione costituita in ogni comune con il compito di determinare in prima istanza le somme dei redditi e dell'imposta dovuta dai contribuenti del comune. La commissione poteva chiedere ai pubblici ufficiali i documenti che servivano, ai contribuenti di comparire di persona o rappresentati, accedere ai locali destinati ad attività commerciali o industriali, ispezionare i registri delle società anonime e in accomandita per azioni. Dopo avere espletato tutte le proprie attività, la commissione deliberava sul reddito effettivo da attribuire ai singoli contribuenti, sia che avessero fatto la dichiarazione, sia che non lo avessero fatto, trasformando il reddito effettivo in reddito imponibile. Contro le sue deliberazioni sia il contribuente sia il fisco potevano proporre appello ad una commissione provinciale formata da 5 membri, due nominati dal consiglio provinciale, due dalla camera di commercio e un quinti, il presidente, dal prefetto.
Già nel 1866 furono introdotte alcune novità, fra cui l'abolizione del sistema del contingente, fu introdotta la figura dell'agente delle imposte, vero e proprio accertatore con pubblici poteri, che poteva chiedere ai pubblici ufficiali un estratto dei documenti che gli servivano, intimare al contribuente di comparire di persona e per mezzo di un suo mandatario, accedere ai locali destinati all'esercizio di industrie e commerci, chiamare qualsiasi individuo nel suo ufficio per fornire informazioni. L'abolizione del contingente lasciava sul campo il solo contingente comunale. Venne introdotta un'aliquota dell'8% sui redditi superiori a 350 lire imponibili, fu abolita la tassa fissa per i redditi sotto le 250 lire annue e stabilità l'esenzione sotto le 350 lire, 400 dal 1867 (1). In genere si é in presenza di carteggio o circolari del ministero delle finanze, dell'intendenza di finanza e della prefettura di Bergamo e dell'agente delle tasse di Zogno. Interessanti sono i ruoli dei contribuenti, dai quali é possibile evincere la situazione della attività commerciali e industriali nell'ultimo quarto del secolo.
Dettagli unità (22)
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