Opera Pia Marina e Climatica Cremasca (1871-), Crema


Tipologia: Ente (Ente di assistenza e beneficenza)

Sede: Crema

Profilo storico-biografico: Le origini dell'ente risalgono all'anno 1871 quando si costituisce il "Comitato per la Cura Balnearia delli Scrofolosi Poveri della Città di Crema". (1) Lo compongono cittadini cremaschi benefattori che tramite donazioni personali, pubbliche sottoscrizioni e contributi dei comuni del territorio cremasco raccolgono quanto più denaro possibile al fine di organizzare soggiorni estivi al mare per i bambini poveri. La prima testimonianza documentaria conservata nell'archivio è costituita dalle annotazioni riportate a partire dall'anno 1877 sul libro cassa del Comitato: gli introiti vedono affiancate piccolissime donazioni di privati a somme più cospicue conferite dal Comune di Crema, dalla Commissione Centrale di Beneficenza in Milano e da altri. (2) In questi primi anni il totale annuale di invii ai soggiorni è in media di 16-17 persone. Per vari lustri il Comitato lavora alacremente ma spesso i mezzi risultano insufficienti rispetto all'effettiva richiesta e ai bisogni della popolazione. La svolta avviene nel 1889, quando l'Opera Pia per la Cura Balnearia degli Scrofolosi Poveri è riconosciuta dallo Stato come ente morale e può usufruire di una cospicua donazione di lire 10.000 disposta dal nobile Fausto Carioni con testamento del 19 maggio 1887. L'ente si dota di statuto e viene retto da un presidente nominato dall'assemblea degli oblatori e da un consiglio d'amministrazione di quattro membri, la cui nomina spetta al Consiglio degli Istituti Ospitalieri di Crema, all'assemblea generale dei soci oblatori (due membri) e al consiglio comunale di Crema. Il presidente dura in carica cinque anni, i consiglieri quattro anni con rinnovo di un consigliere ogni anno; uno dei consiglieri deve essere medico. Con questo passaggio istituzionale il Comitato fondatore dell'Opera Pia si scioglie. Il nuovo ente (come d'altra parte il precedente Comitato) non ha un proprio e specifico luogo dove riunirsi, tanto che di volta in volta chiede ospitalità agli istituti educativi ed ospedalieri cittadini: nel 1884 il comitato si riunisce "nella Sala della Società Operaia - Locale di S.Domenico", nel 1889 il consiglio di amministrazione si riunisce "in Crema nei locali di S.Chiara", più precisamente (come si annota nel 1890) "presso l'istituto S.Luigi nel locale detto di S.Chiara", nel 1893 l'assemblea degli oblatori si riunisce "nella sala dell'Istituto di S.Domenico". Nell'ultimo decennio dell'Ottocento a volte le riunioni del consiglio si svolgono anche "nella casa del consigliere dr. Luigi Meneghezzi", oppure "nella sala dell'ufficio della Croce Rossa in Crema posta nell'Istituto di S.Luigi", altre volte "nella sala della direzione medica dell'Ospitale Maggiore". Nei primi anni del Novecento le riunioni si svolgono nella sala consigliare della Congregazione di Carità o in quella del Comune oppure ancora nei locali dell'Ospedale Maggiore. Sin dal 1893 le funzioni di tesoreria dell'Opera Pia vengono svolte dalla Banca Popolare Agricola Cooperativa di Crema: nel 1912 la banca è anzi definita "tesoriere onorario" e par di capire che non percepisca compensi per il servizio prestato. Nei primi anni di attività i ragazzi poveri e bisognosi della terapia del sole e del mare sono inviati dall'Opera Pia presso diverse strutture balneari di proprietà di altri enti, non possedendo essa stabilimenti propri: ad esempio nell'anno 1889 vanno a Sestri e nel 1897 a Fano. Col passare degli anni si inizia a considerare l'idea di possedere un edificio in cui stabilire definitivamente le colonie cremasche, anche in conseguenza del sensibile aumento di minori bisognosi: se nel citato 1897 vengono inviati a Fano 40 bambini, nel 1905 gli assistiti sono già diventati 95. Nel 1906 l'ente mette gli occhi su uno stabile situato a Ceriale, ma poi rinuncia al progetto, forse anche per la contrarietà della popolazione locale. Nell'anno 1912 l'ente acquista un terreno nella località di Finalpia (allora comune autonomo, oggi frazione di Finale Ligure) nel savonese e alla fine dell'anno seguente ottiene un ingente mutuo finalizzato alla costruzione ex novo di un edificio nei pressi della spiaggia per ospitare le colonie. Il primo nucleo originale dell'immobile (l'ala est) viene completato nell'anno 1915, ma già nell'agosto 1914 viene inviato nella nuova colonia il primo gruppo di minori. La disponibilità del nuovo edificio permette di triplicare in un colpo solo il numero di bambini curati, che già nel 1915 sfiorano i 300. Al fine di sostenere il considerevole impegno finanziario legato alla costruzione dell'edificio i benefattori raddoppiano i loro sforzi e si impegnano a sottoscrivere una certa quantità di azioni da lire 2 ciascuna "per mantenimento e cura degli scrofolosi" ed altre azioni sempre da lire 2 ciascuna "per dono al patrimonio dell'ospizio marino cremasco in Finalpia". L'ala ovest, simmetrica alla primitiva ala est, viene realizzata tra 1922 e 1924 e ancora una volta si assiste a un confortante aumento di minori ospitati: dai 547 del 1923 agli 805 del 1924. Nel corso degli anni si aggiungono molti altri edifici e si provvede più volte ad effettuare lavori anche importanti al corpo principale (3); inoltre sin dai primi anni di attività della colonia a Finale e per quasi tutto il Novecento l'ente intrattiene costanti rapporti con le Ferrovie dello Stato sia per la stipulazione di convenzioni relative al trasporto dei minori sia per l'affitto di vari terreni attigui l'edificio della colonia, convertiti agli utilizzi più vari. I minori vengono inviati al mare in più turni successivi; per ogni turno il personale necessario presso la colonia comprende in questi primi anni quattro inservienti, un dottore, un bagnino, cinque suore (tra le quali una funge da direttrice del turno). Le suore, provenienti dal convento milanese delle Suore di Carità della Venerabile Capitanio, prestano servizio gratis, in cambio del solo trasporto da e per la colonia, di vitto e alloggio. I mansionari del 1922 già fotografano un'articolazione del personale in quattro mansioni: servente, cuciniera, suora di vigilanza, guardarobiera. Nel 1924 alla direttrice viene affiancato un "delegato dell'Opera Pia", con l'incarico di riferire su tutto quello che succede alla colonia e di tenere la contabilità. Nel 1927 l'ente stipula una convenzione con le Figlie della Carità Canossiane per il servizio di direzione e gestione complessiva della colonia; oltre al personale religioso prestano servizio delle inservienti nominate dall'Opera Pia su proposta della direttrice. L'organico del 1929 comprende tra i dipendenti il segretario, l'economo e uno scrivano per la sede di Crema (a stipendio mensile); medico, vicedirettore, bagnino e personale delle Canossiane sono pagati come stagionali per il periodo dei soggiorni estivi presso la colonia. Nell'anno 1925 il presidente e i consiglieri dell'Opera Pia propongono di cambiare la denominazione dell'ente in Opera Pia Marina e Climatica Cremasca, denominazione che si manterrà lungo i decenni successivi di attività. Non si tratta semplicemente di un cambiamento formale ma di una sostanziale svolta nelle politiche dell'ente: quest'ultimo infatti non si limita più all'attività benefica a favore di soggetti poveri e bisognosi di cure ma amplia il proprio raggio d'azione a minori affetti, o anche solo a rischio, di varie patologie invalidanti, a soggetti gracili o semplicemente a ragazzi "meritevoli" del soggiorno climatico. La raccolta fondi continua ad essere effettuata tramite oblazioni semplici o tramite la sottoscrizione di azioni: in alcuni casi (ad esempio nell'anno 1933) si conservano registri nominativi che appunto distinguono gli oblatori dagli azionisti. In epoca fascista si modificano in generale statuti e regolamenti delle opere di beneficenza con la finalità di aumentare il controllo sugli enti da parte delle autorità politiche e dello Stato; le cariche sociali, anche nel caso dell'Opera Pia Marina e Climatica Cremasca, da totalmente elettive divengono in gran parte di nomina podestarile. Lo statuto ufficialmente approvato dal Ministero dell'Interno nel 1930 prevede infatti che il presidente dell'ente sia nominato dal prefetto, che due consiglieri (uno dei quali obbligatoriamente medico) siano nominati dal podestà e che gli altri due consiglieri restino nelle disponibilità di assemblea degli oblatori e Istituti Ospedalieri di Crema. Tutti durano in carica quattro anni, confermabili. Nell'anno 1932 direttive superiori comportano la soppressione del posto di direttore e richiedono che si attivi invece un posto di medico permanente con funzioni di direttore; presso la colonia tuttavia la corrispondenza continua ad essere curata dalle suore. Alla fine dell'anno seguente, nel novembre 1933, finalmente l'Opera Pia stipula una convenzione con la Congregazione di Carità per l'affitto uso ufficio di due locali ubicati nel palazzo del Monte di Pietà in Crema. (4) Sotto il diretto controllo delle gerarchie fasciste la colonia di Finalpia diventa anche un luogo importante per l'educazione e la formazione dei giovani ai fini della propaganda del regime. La coincidenza tra direzione dell'ente e controllo di regime è plasticamente rispecchiata nel fatto che nel 1937 Remo Montanari risulta essere sia commissario prefettizio dell'Opera Pia che segretario federale del Partito Nazionale Fascista. (5) Nel 1940 per ordini statali tutte le colonie vengono sospese; nel 1941 la colonia funziona in modo ridotto perché è quasi sempre requisita e negli anni successivi l'Opera Pia sostanzialmente perde il controllo sulla conduzione della colonia. La struttura è infatti ufficialmente e direttamente gestita dalle organizzazioni dedicate ai minori create dal regime fascista (Gioventù Italiana del Littorio ed Opera Nazionale Balilla) per ospitarvi in maniera continuativa bambine sfollate dalla Libia, figlie di emigrati italiani impegnati nella colonizzazione dell'impero in terra d'Africa. (6) Non mancano testimonianze toccanti sulle difficoltà di approvvigionamenti alimentari e di vestiario a favore delle minori ospitate. Nell'immediato dopoguerra l'edificio è sottoposto a ristrutturazione per danni subiti a causa degli eventi bellici e nell'estate 1946 riapre già i battenti: a partire dall'anno seguente e fino a quando l'Opera Pia gestirà direttamente la colonia, ai turni estivi si affiancano anche turni di soggiorno invernali. (7) Con il dopoguerra si assiste anche a un considerevole aumento del numero di soggetti che, essendo interessati ad inviare minori in colonia, stringono con l'Opera Pia convenzioni anche pluriennali che regolano rette e tipo di servizio fornito. Tra queste "aggregazioni" spiccano per ovvie ragioni storico-geografiche il Comune di Crema e gli altri comuni del circondario; sempre più con il passare del tempo assumono peso altre tipologie di enti: ditte, istituti di carattere mutualistico tra lavoratori di determinati settori, altri istituti di assistenza e beneficenza, enti previdenziali in genere, oltre ovviamente ai singoli cittadini. Il 1948 vede la nascita di un regolamento provvisorio per servizi direzione ed economato; cinque anni dopo si stila ed approva un nuovo statuto di 33 articoli, ma l'iter di approvazione superiore si incaglia di fronte ad alcuni rilievi posti dalla Prefettura riguardanti i diritti di nomina dei membri del consiglio di amministrazione e la mancanza di definizione di una oblazione minima per il riconoscimento del diritto di voto. (8) Durante lo stesso anno 1953 la sede dell'Opera Pia è trasferita dal Monte di Credito su Pegno ai locali dell'ex dispensario, sempre di proprietà del Monte. I soggiorni climatici sia estivi che invernali si susseguono con punte di partecipazione ragguardevoli, come quella raggiunta dai 1500 iscritti dell'anno 1967. Di conseguenza diviene indispensabile aumentare in proporzione il personale in servizio presso la colonia: a titolo esemplificativo si consideri che nello stesso 1967 per uno solo dei turni, il secondo, gli atti testimoniano la presenza di un custode, due guardarobiere, una lavandaia, dieci madri Canossiane ed altre trentasette assistenti. La metà degli anni Sessanta rappresenta tuttavia il culmine dell'attività dell'ente: a partire dagli anni Settanta e sempre più negli anni Ottanta il miglioramento delle condizioni sociali, economiche e sanitarie delle famiglie porta a una progressiva diminuzione di partecipanti. A metà degli anni Settanta del Novecento si pone la necessità di procedere a una riforma del regolamento interno vigente (che risale al 1934) specialmente per la parte riguardante il personale: si procede pure alla redazione di un nuovo regolamento del servizio economato. A partire dal 1974 il presidente dell'Opera Pia è nominato dalla Regione e non più dal prefetto, ma la questione fa sorgere una annosa vertenza normativa che si risolve solo nel 1987, quando una sentenza ufficiale determina che, a rigor di statuto, la nomina del presidente è e deve restare appannaggio del prefetto. Con la chiusura dei turni di soggiorno dell'anno 1986 si giunge allo snodo che caratterizzerà radicalmente la vita successiva dell'Opera Pia: il consiglio d'amministrazione affida per il 1987 la gestione della colonia alla cooperativa C.I.S.E. di Reggio Emilia, in base ad una convenzione che si concluderà nel 1991; nel quinquennio seguente l'edificio verrà utilizzato come centro diurno estivo per ragazzi del Comune di Finale Ligure, sotto la gestione di Cooperarci. Di conseguenza l'Opera Pia dalla fine dell'anno 1988 non risulta avere più personale dipendente. Nel 1996, scaduta l'ultima convenzione di gestione esternalizzata, la colonia chiude definitivamente; l'ente negli anni successivi cerca un rilancio anche attraverso modifiche statutarie approvate negli anni 1997 e 1999, ma esse vengono sempre cassate dalla Regione Lombardia. Nel 1998 la colonia è convertita in residenza protetta per anziani e struttura socio-assistenziale per minori (con un totale di 90 posti letto): per adattare l'edificio al nuovo utilizzo sono però necessari importanti lavori di ristrutturazione. Viene pertanto indetta una gara d'appalto per affidare ad un unico soggetto la costruzione e gestione della struttura: risulta vincente l'impresa I.C.O.S. di Milano. In seguito all'emanazione della legge regionale 1/2003 l'Opera Pia si trasforma in una ONLUS (fondazione senza scopo di lucro) entrando nel novero degli enti di diritto privato, dotandosi nel dicembre del 2003 di un nuovo statuto, il cui iter di approvazione superiore viene questa volta interamente completato.

Note: 1) La cosiddetta "scrofola", termine diffuso in Italia per tutto l'Ottocento e oltre, è una forma di tubercolosi extrapolmonare dovuta all'azione di batteri che colpiscono i linfonodi superficiali: affligge, allora come oggi, principalmente soggetti le cui difese immunitarie sono per varie ragioni molto basse e il carattere più evidente della malattia è l'ingrossamento, anche forte, delle ghiandole del collo. 2) Purtroppo questo registro è siglato "B", il che fa supporre che un libro "A" relativo ai primi anni di attività sia andato perduto. Spesso gli introiti derivano da raccolte di fondi organizzate sulla scorta di spettacoli di beneficenza o in occasione del Carnevale; coerentemente alle finalità del comitato, la voce principale di spesa è "pensione". 3) Per un elenco degli interventi di maggior rilievo si veda la serie quinta "Patrimonio". 4) Può essere interessante notare che il segretario dell'Opera Pia Aurelio Chizzoli già negli anni Venti carteggia spesso direttamente dal Monte di Pietà, di cui è dipendente: al momento del suo pensionamento, nel 1929, Chizzoli ricorda di lavorare per il Monte di Pietà sin dal 1880. 5) Nello stesso anno 1937 Montanari delega come sub-commissario dell'Opera Pia Antonio Bonzi, che era stato commissario dell'ente nei due anni precedenti. 6) La perdita di controllo sulla gestione della colonia viene resa evidente ad esempio dal rifiuto opposto dalla G.I.L. di accogliere la domanda di ammissione di un bisognoso, trasmessa dal segretario dell'Opera Pia. Per un maggiore approfondimento sull'argomento si veda l'introduzione alla serie settima "Colonia Libica". 7) In realtà un progetto di soggiorno invernale viene presentato sin dal 1932 ed addirittura colonie invernali risultano attivate negli anni 1925-1927: situandosi in periodo scolastico, questa scelta obbliga a un notevole ulteriore sforzo organizzativo in quanto occorre attivare classi di insegnamento presso la colonia. 8) Nella versione statutaria del 1953 l'ente propone sostanzialmente che per quanto concerne la formazione del consiglio di amministrazione si torni alla formula del 1889: presidente e due consiglieri nominati dall'assemblea dei benefattori-oblatori, gli altri due dal Comune e dagli Istituti Ospedalieri. La Prefettura, dopo una non breve diatriba con l'ente, conferma invece nel 1955 la formula dello statuto vigente, solo "attualizzata" al ritorno della democrazia dopo il fascismo: un membro di nomina prefettizia, due del Comune, uno dell'assemblea benefattori e uno degli Istituti Ospedalieri (con presidente nominato dalla Prefettura, scegliendo uno dei 5 membri).


Complessi archivistici:
Link: www.archiviedocumenti.it/archivi/?prg=164&pro=1