Comune di Martinengo (1221-), Martinengo


Tipologia: Ente (Comune)

Sede: Martinengo

Profilo storico-biografico: La citazione documentale più risalente riferita al comune di Martinengo è del 1221 e viene riportata da R. Caproni (1) che la riprende tale informazione dalla pergamena n. 1770 conservata presso lArchivio Capitolare di Bergamo. I feudatari locali, i conti Martinengo, dopo la battaglia di Cortenuova (1237) furono espropriati e i loro possessi passarono al comune di Bergamo. Nel 1330 Martinengo si pose sotto la protezione papale. Nel 1332 fu sottomessa ai Visconti. Nel 1393 gli statuti comunali (risalenti al 1344) vennero riconfermati da Gian Galeazzo Visconti, successivamente tali statuti furono confermati da Pandolfo Malatesta, nel 1405, e da Venezia, nel maggio del 1428. La Serenissima diede in feudo Martinengo, con altre località, nel 1454 a Bartolomeo Colleoni, il quale le tenne sino alla morte. In seguito, Martinengo passò nuovamente sotto il diretto dominio veneziano (2). Il comune era governato da un consiglio generale di ventiquattro membri che eleggeva i sedici membri del consiglio di credenza al quale spettava l'elezione dei funzionari comunali. Gli statuti Trecenteschi vennero rivisti nel 1567 (3). Il capitano Giovanni da Lezze, nella sua "Descrizione di Bergamo e suo territorio", riferisce che la nomina di tutti i funzionari comunali era delegata al consiglio generale. Alla fine del secolo XVI Cinquecento il comune aveva un patrimonio immobiliare formato da alcuni boschi affittati e contava 322 fuochi per 1356 abitanti (4). Nel 1778 i rettori di Brescia posero mano alla riorganizzazione del comune attraverso una "Terminazione" approvata dal doge Alvise IV Mocenigo nel luglio di quell'anno (5). Alla fine del Settecento il comune aveva 2800 abitanti (6). Con l'avvento della prima Repubblica Cisalpina il comune Martinengo fa riferimento al sistema di governo franco napoleonico. Il territorio è diviso in dipartimenti, distretti, cantoni. A capo del dipartimento c'era un Commissario per il potere esecutivo, poi Prefetto, nel capoluogo del distretto un Viceprefetto, a capo del cantone un Cancelliere censuario. Tali funzionari erano di nomina statale. Il comune fu per un breve periodo repubblica autonoma e quindi con Legge 17 aprile 1797 (7) fu inserito nel Cantone omonimo nella prima istituzione del Dipartimento del Serio (8). Dal 26 settembre del 1798, passo nel distretto delle Ghiaie del Serio (9). La prima riorganizzazione organica delle amministrazioni era stata definita nella costituzione della Repubblica Cisalpina (10). L'articolazione e le funzioni delle amministrazioni vennero ulteriormente definite dalla successiva legge sull'organizzazione delle municipalità (11). Nei comuni con popolazione compresa tra tremila e centomila abitanti come Martinengo vi era una sola amministrazione municipale, costituita da un diverso numero di ufficiali municipali a seconda della popolazione. Con la proclamazione della nuova costituzione della Repubblica Cisalpina (12), i comuni con meno di diecimila abitanti ebbero "un officiale municipale ed uno o due o tre aggiunti". L'unione degli ufficiali municipali dei comuni del medesimo distretto formava "la municipalità del distretto", per ognuna delle quali veniva scelto "un presidente della municipalità" . I membri delle amministrazioni municipali duravano in carica due anni ed erano "rinnovati ogni anno per metà o per la parte più approssimante alla metà ed alternativamente per la frazione più grande e per la frazione più piccola" e potevano essere rieletti solo per due mandati consecutivi. In caso di decadenza di un amministratore per "morte, dimissione, destituzione o altrimenti" il direttorio nominava nuovi amministratori, che rimanevano in carica sino alle successive elezioni. L'impianto organizzativo e funzionale delle amministrazioni locali delineato nella costituzione dell'anno VI venne ulteriormente precisato e definito nella "legge sull'organizzazione e sulle funzioni de' corpi amministrativi" (13). Nella legge erano indicate le modalità e la frequenza delle convocazioni delle amministrazioni municipali. Le municipalità dei comuni con popolazione superiore a diecimila abitanti si dovevano riunire almeno una volta ogni tre giorni. Le amministrazioni municipali di ogni distretto si convocavano in assemblea almeno tre volte al mese, su indicazione dell'amministrazione dipartimentale, con la possibilità di "riunirsi anche straordinariamente", quando fosse giudicato "necessario al servigio". Veniva stabilito infine che tutte le determinazioni prese dalle amministrazioni municipali dovessero essere "scritte sopra un registro particolare", nel quale i componenti dell'amministrazione presenti alle sedute dovevano apporre le proprie sottoscrizioni. Venivano in seguito descritte le funzioni "proprie" della municipalità e le altre "loro delegate dall'amministrazione dipartimentale". Fra le funzioni proprie erano contemplate l'organizzazione della polizia e della guardia nazionale, la manutenzione dei ponti e delle strade comunali, l'illuminazione delle strade, il regolamento e il pagamento delle spese municipali, la nomina del ricevitore municipale e degli altri salariati, le fazioni militari, gli alloggi, le vettovaglie e la sanità. Fra le funzioni delegate vi erano invece il riparto e il ricevimento delle contribuzioni dirette, la vigilanza sull'istruzione pubblica, sugli stabilimenti ecclesiastici, sui lavori pubblici del rispettivo circondario, sugli ospizi, ospedali e prigioni, sull'approvvigionamento delle sussistenze e in generale su tutti gli oggetti sui quali le amministrazioni dipartimentali richiamavano la loro attenzione. Con legge 13 maggio 1801 il comune di Martinengo fu posto nel distretto III di Treviglio (14). La legge del 1802 introduceva un'organica suddivisione dei comuni in tre classi definite in base alla consistenza della popolazione residente, stabilendo per i comuni di prima classe un numero di abitanti superiore a diecimila unità, per i comuni di seconda classe un numero di abitanti compreso fra diecimila e tremila unità, per i comuni di terza classe un numero di abitanti inferiore a tremila unità. L'appartenenza alle varie classi determinava diverse modalità nella composizione delle municipalità e dei consigli comunali e criteri differenti di eleggibilità dei loro componenti. Martinengo ritornò ad essere successivamente capoluogo del distretto IV del Cherio con legge 27 giugno 1804 (15). Con il passaggio al Regno d'Italia, Martinengo venne collocato nel cantone II omonimo, del distretto II di Treviglio (16). La nuova organizzazione dei comuni (17) venne definita dalla legge sull'organizzazione delle autorità amministrative. Il titolo I, riguardante l'organizzazione generale dello stato, stabiliva che in ogni comune vi era una municipalità e un consiglio comunale, il titoli VI e VII definivano la struttura dell'amministrazione comunale. Venne confermata la suddivisione di comuni in classi. I consigli comunali di comuni di prima e seconda classe erano di nomina reale (rispettivamente di quaranta o trenta cittadini, metà dei quali tra i possidenti). In questi consigli le riunioni si dovevano tenere sempre alla presenza del prefetto, del viceprefetto o di un loro delegato. Convocati sempre in luogo pubblico con almeno quindici giorni di preavviso dalle municipalità nei comuni, i consigli comunali si riunivano in via ordinaria due volte all'anno (in gennaio o febbraio e in settembre o ottobre) e in via straordinaria "a qualunque invito del prefetto e del viceprefetto". I consigli deliberavano collegialmente a scrutinio segreto. Nella prima seduta esaminavano il rendiconto dell'esercizio finanziario precedente, mentre nella seconda nominavano o eleggevano i componenti della municipalità in scadenza, determinavano le spese e l'ammontare delle imposte comunali per l'anno successivo e nominavano i revisori dei conti per l'anno precedente. Il consiglio comunale eleggeva i componenti della municipalità in un numero variabile a seconda della classe (da sette a nove nei comuni di prima classe, da cinque a sette nei comuni di seconda classe, di tre nei comuni di terza classe. Gli amministratori municipali nei comuni di prima e seconda classe erano proposti a scrutinio segreto ed erano maggioranza assoluta. Le municipalità esercitavano funzioni esecutive e si convocano a seconda delle necessità e su domanda del cancelliere distrettuale, del prefetto o viceprefetto, dal quale dipendevano immediatamente. Le municipalità era composta da un podestà e rispettivamente da sei o quattro savi. Questo collegio eseguiva tutte le funzioni amministrative e rappresentative del comune: predisponeva il conto consuntivo dell'anno antecedente e il conto preventivo per l'anno successivo, proponeva ai consigli comunali deliberazioni su materie di particolare interesse per la comunità ed eseguiva le determinazioni degli stessi consigli approvate dai prefetti o vice-prefetti. Il podestà veniva nominato dal Re da una terna di nomi proposti dal consiglio comunale, durava in carica tre anni. I savi, proposti ed eletti dai consigli comunali a scrutinio segreto a maggioranza assoluta di voti fra i cento maggiori estimati nei comuni di prima classe e fra i cinquanta in quelli della seconda, si mutavano parzialmente ogni anno, in modo che entro un triennio fossero interamente rinnovati. Il sindaco, di nomina prefettizia, durava in carica un anno. Gli anziani, nominati fra i venticinque più ricchi o notabili del comune ed eletti dal consiglio a maggioranza assoluta, si rinnovavano ogni anno. Dal 31 marzo 1809 Martinengo fu capoluogo del cantone II omonimo del distretto II di Treviglio (18). Dal gennaio 1810 aggregò il comune di Cortenuova. La sovrana patente 7 aprile 1815, atto costitutivo del Regno Lombardo-Veneto, stabilì che l'organizzazione amministrativa dei comuni dovesse rimanere per il momento conservata nelle allora forme vigenti, mantenendo la suddivisione in tre classi dell'ordinamento napoleonico. Con l'attivazione dei comuni della provincia di Bergamo, in base al compartimento territoriale del Regno Lombardo-Veneto, il comune di Martinengo venne collocato come comune capoluogo nel distretto XI (19). Per una nuova regolamentazione degli enti locali bisognò attendere la notificazione 12 febbraio 1816 perfezionata e resa pienamente operativa dalle "istruzioni per l'attivazione del nuovo metodo d'amministrazione comunale colle attribuzioni delle rispettive autorità" contenute nella successiva notificazione 12 aprile 1816, in cui veniva fornito un quadro articolato dell'organizzazione e del funzionamento degli organi preposti all'amministrazione dei comuni. Il territorio è diviso in provincie, nel cui capoluogo è posta una Delegazione provinciale, distretti, governati da un Cancelliere del censo e dal 1819 da un Commissario Distrettuale, e infine da comuni. I funzionari preposti alle Provincie e ai distretti sono di nomina statale. L'insieme di queste disposizioni si applicavano indistintamente a tutti i comuni del Regno Lombardo-Veneto. In base al regolamento del 1816 in Lombardia si avevano infine il consiglio e la congregazione municipale nelle tredici città regie (Crema, Casalmaggiore, Monza, Varese, oltre ai nove capoluoghi di provincia), il convocato e la deputazione nella maggior parte dei comuni, e il consiglio e la deputazione solo in quelli elencati nella tabella annessa al regolamento stesso. Martinengo secondo tali istruzioni era dotata di un consiglio comunale e di una deputazione. Il consiglio comunale era formato da trenta membri. Almeno due terzi dei componenti del consiglio dovevano essere possidenti scelti tra i primi cento estimati. I consiglieri, dopo la prima nomina fatta dai rispettivi governi, venivano sostituiti ogni triennio in quote uguali, secondo l'anzianità di nomina "sopra duple dei consigli da parte delle congregazioni provinciali". I consigli erano radunati di norma due volte l'anno e ogni qual volta ritenuto necessario: nella prima sessione (in gennaio o in febbraio) si esaminavano i conti dell'anno precedente e veniva approvato il bilancio consuntivo, nella seconda (in settembre o in ottobre) si approntavano i bilanci di previsione, si nominavano i revisori dei conti e si eleggevano i nuovi membri delle congregazioni municipali e delle deputazioni. Rigide norme regolavano convocazione e svolgimento delle sedute, cui partecipavano, con funzioni di controllo in rappresentanza del governo e senza diritto di voto, il regio delegato nelle città regie o capoluoghi di provincia, oppure il cancelliere del censo o un suo sostituto negli altri comuni. La deputazione comunale in quanto "autorità pubblica permanente" aveva il compito di dare esecuzione alle deliberazioni del consiglio, gestire l'amministrazione ordinaria del patrimonio del comune e vigilare per l'osservanza delle leggi e degli ordini del governo. La Deputazione aveva un ufficio proprio ed era assistita da un segretario. Dei deputati previsti per i comuni, colui che aveva riportato il maggior numero di voti tra i tre primi estimati era eletto primo deputato, gli altri erano scelti tra i possessori. Oltre alla partecipazione a quasi tutti gli atti ufficiali del comune ai deputati spettava il compito di liquidare i conti con l'esattore e con l'agente municipale prima dell'ingresso in un nuovo esercizio finanziario. Competeva inoltre predisporre "il conto preventivo delle entrate e spese per l'anno successivo da proporsi al consiglio o convocato". Gli ordini di pagamento dovevano essere sottoscritti da almeno due deputati unitamente al cancelliere. Per quanto riguarda il personale burocratico previsto per i comuni, in quelli aventi un consiglio la deputazione era assistita da un segretario ed eventualmente da altri impiegati, secondo il ruolo approvato dal governo. Nel comune vi era inoltre un cursore sottoposto all'agente per il disbrigo degli ordini di tutti i superiori. Altri "stipendiati" potevano essere nominati da consiglio o convocato, con approvazione del governo, mentre risultava obbligatoria l'elezione di due revisori dei conti di durata annuale. Nel giugno 1853 il distretto di Martinengo venne soppresso e i comuni che lo formavano furono compresi nel distretto II di Bergamo e nel X di Romano, in cui appunto Martinengo venne inserito (20). Nel comune fino a quella data era stato residenza di un cancelliere del censo prima e di un commissario distrettuale in seguito. distrettuale poi. In seguito all'unione temporanea delle province lombarde al regno di Sardegna, in base al compartimento territoriale stabilito con la legge 23 ottobre 1859, il comune di Martinengo, fu incluso nel mandamento II di Martinengo, circondario II di Treviglio, provincia di Bergamo. La legge si apre col Titolo I: Divisione del Territorio del Regno e Autorità governative in cui si dispone la divisione del Regno in Province, Circondari, Mandamenti e Comuni. Al Titolo II (Dell'Amministrazione comunale), il Capo I stabilisce che ogni comune ha un consiglio comunale ed una giunta comunale, che può avere un segretario e un ufficio comunale, e che più comuni possono valersi di uno stesso segretario ed avere un solo archivio (art. 11) (21). La Giunta municipale risulta formata dal Sindaco, da otto Assessori e da quattro Supplenti nei Comuni con popolazione superiore ai 60 mila abitanti; dal Sindaco e da un numero di Assessori variabile in rapporto alla popolazione: sei nei Comuni aventi più di 30 mila abitanti, quattro in quelli con più di 3 mila abitanti e due negli altri Comuni; in tutti i suddetti casi il numero dei Supplenti rimane fissato a 2 (art. 13). Il capo II (Delle Elezioni) disciplina il sistema elettorale fissando diritti e limiti dell'elettorato attivo per l'elezione dei consiglieri comunali, costituito dagli abitanti che pagano nel comune contribuzioni dirette di entità determinate in base al numero di abitanti (art. 14) e da cui sono esclusi: analfabeti, donne, interdetti e soggetti condannati a pene correzionali (art. 23). Il Capo III (Dei Consigli comunali), definisce le competenze di tali organi per cui sono fissate due sessioni ordinarie annue una primaverile e una autunnale (art. 74); le competenze includono la sorveglianza e il controllo contabile sugli stabilimenti di carità e beneficenza, sull'attività e sul bilancio di tutte le istituzioni fatte a beneficio della generalità degli abitanti e sulle fabbricerie (artt. 79, 80); l'elezione dei membri della Giunta municipale, l'esame e approvazione del bilancio attivo e passivo del comune per l'anno precedente e deliberazione di quello per l'anno successivo; la nomina dei revisori dei conti; la revisione delle liste elettorali (artt. 81, 82). Nelle sedute il consiglio delibera sul numero e sullo stipendio degli impiegati comunali, che includono anche il personale scolastico, sanitario, ecclesiastico, di vigilanza operante nel comune; delibera sui contratti, sull'uso e destinazione dei beni comunali, sull'appalto per le opere pubbliche e su altre materie non direttamente soggette alla competenza della Giunta municipale (art. 84). Viene data pubblicità alle sedute del Consiglio comunale (art. 85) e viene stabilita la pubblicazione delle deliberazioni all'Albo Pretorio (art. 87). Nel Capo IV (Della Giunta) municipale vengono fissate funzioni, competenze e modalità di delibera della Giunta municipale; l'organo viene eletto, per la durata di un anno, a maggioranza assoluta dal Consiglio comunale fra i propri membri con funzioni esecutive delle deliberazioni del Consiglio stesso e di rappresentanza nei periodi che intercorrono tra le sue sessioni (artt. 88, 89). Esse includono la nomina del personale del comune, l'assistenza agli incanti, la formazione del progetto dei bilanci, la preparazione di regolamenti, la vigilanza sull'ornato e sulla polizia locale, l'esecuzione delle operazioni censuarie, il rilascio degli atti anagrafici, il controllo sulle operazioni di leva, l'esecuzione degli atti conservatori dei diritti del comune (art. 90). Nel Capo V (Del Sindaco) vengono stabilite le modalità di nomina e le funzioni del sindaco, che in base alla legge 23 ottobre 1859 riveste la doppia funzione di ufficiale del governo nominato direttamente dal Re e di capo dell'amministrazione comunale (artt. 94-95). Il Sindaco dura un carica tre anni, e può essere confermato se conserva la qualità di Consigliere (art. 95). In quanto capo dell'amministrazione comunale il sindaco presiede il consiglio comunale, convoca e presiede la Giunta comunale, distribuisce gli affari tra i suoi membri, rappresenta il Comune nelle sedi giudiziarie. Come ufficiale del governo è incaricato della pubblicazione dei leggi e ordini governativi, di tenere i registri dello stato civile di riferire all'intendente, ufficiale governativo preposto alla provincia poi surrogato dal prefetto, sulla concessione di licenze per esercizi e stabilimenti pubblici, di riferire alle autorità governative sull'ordine pubblico (art. 100). In comuni divisi in frazioni e borgate il sindaco può delegare le funzioni di ufficiale governative ad un membro del consiglio o ad altro elettore residente (art. 102). Nel Capo VI (Dell'amministrazione e contabilità comunale) vengono prescritti vari obblighi in materia per i Comuni fra cui vengono indicati: la tenuta di inventari aggiornati da trasmettere in copia agli Intendenti di beni mobili e immobili, di titoli atti e scritture riferibili al patrimonio comunale (art. 106), l'affitto dei beni comunali e l'alienazione dei beni incolti (artt. 107, 108), l'esecuzione delle spese prescritte come obbligatorie; l'elenco delle voci di spesa (art. 112) include: l'ufficio ed archivio comunale, gli stipendi degli impiegati comunali, la riscossione delle entrate comunali e delle imposte dovute al Comune, la conservazione del patrimonio comunale, il pagamento dei debiti esigibili da terzi, la manutenzione delle strade comunali e delle vie interne, il culto e i cimiteri, l'istruzione elementare, la polizia urbana, gli uffici elettorali, l'abbonamento agli atti di governo. In caso di insufficienza delle rendite ordinarie viene inoltre data ai comuni facoltà di imporre dazi per gestione di esercizi di attività produttive o commerciali, appaltare privative per attività di misura e pesatura pubblica di merci o per attività commerciali nell'ambito di fiere e mercati, imporre tasse per l'uso di spazi pubblici, riscuotere sovrimposte sulle contribuzioni dirette, imporre tasse sugli animali presenti nel territorio del comune (art. 113). L'esazione delle rendite e il pagamento delle spese compete all'Esattore delle contribuzioni dirette ove manchi il tesoriere del comune. La nomina di un Tesoriere particolare è prevista solo per i comuni le cui spese obbligatorie raggiungano un ammontare stabilito dalla legge stessa (art. 115). Il Capo VII, (Dell'ingerenza governativa nell'amministrazione comunale e delle deliberazioni dei comuni soggette ad approvazione) prevede l'esame della regolarità formale delle deliberazioni e dei bilanci da parte dell'Intendente poi prefetto. I regolamenti dei dazi, delle imposte, quelli di ornato, e di polizia locale sono soggetti alla preventiva approvazione regia previo parere del consiglio di Stato (art. 132). Devono essere approvate dalla deputazione provinciale le deliberazioni comunali inerenti alle seguenti materie: acquisto o alienazione di immobili, titoli di debito pubblico e azioni industriali; costituzioni di servitù; delimitazioni di beni e territori; spese vincolanti i bilanci per più di tre esercizi; azioni legali e liti giudiziali; regolamenti d'uso dei beni comunali e di altre istituzioni comunali. La legge sabauda 23 ottobre 1859 rimane in vigore per alcuni anni anche dopo la costituzione del Regno d'Italia nel 1861 in cui vengono a trovarsi incluse le province lombarde con l'esclusione di Mantova, aggregata solo dopo il 1866. Alla costituzione nel 1861 del Regno d'Italia, il comune aveva una popolazione residente di 4350 abitanti (dati del censimento 1861). In base alla legge sull'ordinamento comunale del 1865 il comune veniva amministrato da un sindaco, da una giunta e da un consiglio. Nel 1867 il comune risultava incluso nel mandamento di Martinengo, circondario di Treviglio e provincia di Bergamo (Circoscrizione amministrativa 1867) fino al 1897. (22) La prima legge organica sugli ordinamenti dell'amministrazione comunale e provinciale emanata in epoca post-unitaria nel 1865 apporta poche modifiche alla precedente legge del 23 ottobre 1859. Le novità più significative riguardano i mutamenti delle circoscrizioni comunali, la distribuzione delle competenze tra gli organi, l'elencazione delle spese considerate obbligatorie che recepisce la legislazione emanata dopo il 1859 concernente gli oneri per i servizi a carico di comuni e province. Per il resto i 235 articoli della legge 1865 - escluse le norme transitorie - sono una sostanziale ripetizione dei 222 articoli della legge del 1859. La legge 30 dicembre 1888, n. 5865 apporta notevoli modifiche alla precedente legislazione, e si può dire che, insieme con quella del 1848, costituisca tuttora l'ossatura dell'attuale ordinamento comunale (legge 30 dicembre 1888) (23). La legge 29 luglio 1896, n. 346 (Di Rudinì) dispone l'elezione dei Sindaci da parte di tutti i consigli comunali confermando la durata triennale della carica del Sindaco. Il Governo Giolitti emanò il nuovo T.U., il R.D. 21 maggio 1908, n. 269, le cui disposizioni fondamentali non proposero mutazioni sostanziali. Con la legge 30 giugno 1912 n. 665, vennero ammessi all'elettorato attivo tutti i cittadini (maschi) di almeno 30 anni di età, anche se analfabeti, e quelli, tra i 21 e i 30 anni, aventi taluni titoli di capacità o di censo. Tale legge, coordinata con le precedenti disposizioni, formò il T.U. 30 giugno 1912, n. 666, poi ancora parzialmente modificato (legge 22 giugno 1913, n. 648 e T.U. 26 giugno 1913, n. 821). Con la legge 19 giugno 1913, n. 640 tali prerogative venivano garantite anche all'elettore amministrativo.. Venne stabilita in quattro anni la durata dei consigli comunali e provinciali (art. 2), portando a 30 il numero minimo dei consiglieri provinciali, prima fissato in 20. Il nuovo T.U. effetto del R.D. 4 febbraio 1915, n. 148 non si discostò dal precedente se non per la parte concernente la disciplina elettorale. L'avvento del fascismo arrestò lo sviluppo democratico delle autonomie locali mutando radicalmente i rapporti tra gli enti comunitari e lo stato. L'introduzione dell'istituto podestarile venne attuato dapprima nei comuni fino a 5.000 abitanti, con legge 4 febbraio 1926, n. 237, la quale dispose che il podestà era assistito, ove il Prefetto l'avesse ritenuto opportuno, da una Consulta municipale, il cui numero era determinato dal Prefetto stesso, in misura non minore a 6 membri, di cui un terzo nominato direttamente e i due terzi erano individuati degli Enti economici, dei Sindacati e delle associazioni locali. La consulta dava pareri facoltativi, sulle materie richieste dal podestà, e obbligatori sui bilanci, gli impegni ultraquinquennali, le imposizioni dei tributi, l'alienazione dei beni, l'assunzione diretta dei pubblici servizi. Il podestà durava in carica 5 anni e poteva essere trasferito da un Comune all'altro della Provincia. L'ordinamento podestarile fu dopo poco esteso a tutti i Comuni col R.D.L. 3 settembre 1926, n. 1910, senza, però, possibilità di trasferimento del podestà per i Comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti o capoluoghi di provincia. Per questi poteva essere anche nominato un vice podestà o due per i Comuni con più di 100.000 abitanti (dei quali uno eventualmente anche impiegato statale), ed era obbligatoria la Consulta, con un numero di membri da 10 a 40, secondo l'entità demografica del Comune. Venne così completamente sostituito il sistema delle elezioni con quello della nomina dall'alto, attribuita per lo più in base a benemerenze di partito.Tutto il complesso organizzativo della pubblica amministrazione era ordinato secondo le linee di una stretta "gerarchia". Si diede attuazione, in tal modo, al nuovo corso iniziato l'anno precedente con la soppressione di tutti i partiti e di tutte le forze politiche estranee al fascismo: cessò ogni concreto collegamento tra l'elemento popolare e la sua espressione amministrativa, affidata a funzionari del regime e veniva ad instaurarsi un sistema di statalizzazione degli enti minori, ridotti al rango di "organi indiretti dello Stato". Col T. U. approvato col R.D. 3 marzo 1934, n. 383. Il T.U. vennero apportate notevoli modifiche alle norme anteriori. Venne esteso a tutti i comuni del controllo prefettizio, anche di merito, sulle deliberazioni non sottoposte all'esame speciale della G.P.A., laddove la legge podestarile 4 febbraio 1926 n. 237 aveva limitato il sindacato prefettizio di opportunità ai Comuni minori; la durata della carica podestarile venne limitata a 4 anni. Altre modifiche riguardarono la determinazione del titolo di studio minimo della scuola media superiore e degli altri requisiti occorrenti per la carica podestarile; la sospensione dei podestà; l'eliminazione dell'istituto del trasferimento del podestà; l'attribuzione al prefetto della facoltà di istituire le consulte nel Comuni con popolazione inferiore ai diecimila abitanti; l'attribuzione della nomina dei Rettori provinciali al Ministro dell'Interno; il riordinamento dei controlli sui Comuni e sulle Provincie con attribuzione al prefetto del controllo anche di merito sulle deliberazioni non sottoposte alla G.P.A.; la soppressione dell'azione popolare. Dopo la caduta del fascismo, l'amministrazione dei Comuni e delle Provincie, in attesa di poter tornare al sistema elettivo, venne disciplinata dal R.D.L. 4 aprile 1944, n. 11. Tale D.L. dispose che ogni Comune avesse un Sindaco e una Giunta municipale, la quale esercitava anche le competenze spettanti al Consiglio. Successivamente, con il D.L.L. 7 gennaio 1946 n. 1 che era stato preceduto dalle disposizioni del D.L.L. 28 settembre 1944 n. 247 riguardanti la formazione delle liste elettorali, e dal D.L. 1 febbraio 1945 n. 23 estensivo del diritto di voto alle donne, vennero dettate le norme per la ricostituzione delle Amministrazioni comunali su base elettiva come al testo prefascista in materia, cioè al T.U. del 1915. Detto D.L. n. 1 stabilì che ogni comune avesse un consiglio, una giunta e un sindaco, e modificò in parte la composizione dei Consigli e delle Giunte, accrescendone il numero dei membri per i comuni di maggiore entità demografica; lasciò sostanzialmente invariate le norme per la elezione del Sindaco da parte del Consiglio comunale, e confermò la durata quadriennale degli organi elettivi comunali Nel corso del tempo infine per effetto dei decreti del decentramento dei servizi delle amministrazioni statali si ampliarono le funzioni dei Comuni e delle Provincie. La successiva legge 24 febbraio 1951, n. 84, Norme per la elezione dei consigli comunali, lasciava al consiglio comunale la facoltà di stabilire il numero degli assessori, rispetto alla composizione della Giunta municipale. Con l'articolo unico della legge 22 marzo 1952, n. 173, vennero modificate le norme per l'elezione del Sindaco per la quale occorreva la presenza della metà più uno dei consiglieri in carica. La legge 23 marzo 1956, n. 136, in modifica del T.U. 1915, stabilì il ritorno al sistema del numero fisso degli assessori municipali. Tutte le suddette norme sono state, poi, rifuse nel vigente T.U., per la elezione dei consigli comunali, approvato con D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570.

Note: (1) R. Caproni, L. Gamba Pagnoni, L. Pagnoni, Martinengo nella storia civile ed ecclesiastica, Bergamo,1992, p. 28 (2) R. Caproni, L. Gamba Pagnoni, L. Pagnoni, op. cit. (3) Statuti di Martinengo 1567, Statuta et ordinamenta Magnificae Communitatae Martinenghi, 1567. (4) Da Lezze G., Descrizione di Bergamo e suo territorio 1596, ed. a cura di Marchetti V. e Pagani L., Bergamo, Provincia di Bergamo, Assessorato Cultura, Centro Documentazione Beni Culturali, 1989. (5) Terminazione sistematica per il buon governo politico ed economico della comunità di Martinengo estesa dagl'illustrissimi ed eccellentissimi signori Lunardo Dolfin podestà e Carlo Zino capitanio per la Serenissima Repubblica di Venezia rettori di Brescia e suo distretto Giudici Delegati Esecutivamente alle venerate Ducali dell'Eccelso Tribunale 18 luglio 1778, 18 luglio 1778. (6) Giovanni Maironi da Ponte, Supplemento al catalogo delle comunità e contrade loro spettanti, di tutta la provincia bergamasca, colla spiegazione a quali giurisdizioni, o quadre appartengano ad uso delle cancellarie e pubblici tribunali di questa Magnifica Città, Bergamo, Eredi de' Fratelli Rossi Stampatori Camerali, 1778. (7) Legge 17 aprile 1797: Distrettuazione della Repubblica Bergamasca. Il cantone comprendeva i seguenti comuni: Martinengo, Bolgare, Calcinate, Cavernago, Cividate, Cortenuova, Fara Olivana, Ghisalba, Malpaga, Mornico, Palosco, Romano, Telgate. (8) Legge 6 marzo 1798: Legge per l'organizzazione del Dipartimento del Serio, Consiglio de' Seniori della Repubblica Cisalpina, Raccolti delle leggi, proclami, ordini ed avvisi pubblicati in Milano nell'anno VII repubblicano, V, Milano, 1798. (9) Legge 26 settembre 1798: Legge con cui si prescrive in quattro separati allegati la divisione dei dipartimenti dell'Olona, dell'Alto Po, Serio e Mincio in distretti ed in circondari (26 settembre 1798 5 vendemmiale anno VII), Raccolti delle leggi, proclami, ordini ed avvisi pubblicati in Milano nell'anno VII repubblicano, VI, Milano, 1798. Il Distretto delle Ghiaie del Serio era formato dai seguenti comuni: Cividate, Cortenova, Fara, Ghisalba, Mornico, Martinengo, Fontanella, Calcio, Pumenengo, Torre Pallavicina, Antegnate, Barbata con Zaccarola e Mirandola, Covo, Isso con Caselle Cassina Bronzona Cassina Famosa Cassina de Secchi, Cassina Ferrabona, Casaletto di Sopra, Romanengo del Rio con Melotta, Gabbiano, Vidolasco, Camisano, Mozzanica (Legge 26 settembre 1798). La composizione venne modificata nel febbraio 1799 per permettere la costituzione del distretto del Cherio con capoluogo Martinengo. I comuni del distretto da questo momento furono i seguenti: Romano, Fara, Fontanella, Calcio, Pumenengo, Torre Pallavicina, Antegnate, Covo, Barbata con Zaccherola e Mirandola, Isso con uniti, Casaletto di Sopra, Romanengo del Rio con Melotta, Gabbiano, Vidolasco, Camisano, Mozzanica. (10) Costituzione della Repubblica Cisalpina emanata in data 20 messidoro anno V, 8 luglio 1797. (11) Avviso 1 termidoro anno V, 19 luglio 1797. (12) Costituzione della Repubblica Cisalpina 15 fruttidoro anno VI, 1 settembre 1798. (13) Legge 15 fruttidoro anno VI sull'organizzazione e sulle funzioni de' corpi amministrativi. (14) Legge 13 maggio 1801: Legge sulla divisione in dipartimenti, distretti e comuni del territorio della Repubblica Cisalpina (13 maggio 1801 -23 fiorile anno IX), Raccolti delle leggi, proclami, ordini ed avvisi pubblicati in Milano, II, Milano, s.d. (1801) pp. 148-173. Il Distretto III di Treviglio era formato dai seguenti comuni: Verdello, Arcene, Boltiere, Ciserano, Colognola, Curnasco, Grassobbio, Lallio, Grumello e Sabbio, Levate, le due Sforzatiche, Mariano, Osio di sopra, Osio di sotto, Orio, Stezzano, Verdellino, Urgnano, Azzano, Cologno, Comun Nuovo, Lurano, Pognano, Spirano, Zanica, Cividate, Cortenova, Fara, Ghisalba, Mornico, Martinengo, Romano, Fontanella, Calcio, Pumenengo, Torre Pallavicina, Antegnate, Barbata con Zaccarola e Mirandola, Covo, Isso con Caselle Cassina Bronzona Cassina Famosa Cassina de' Pecchi, Cassina Ferrabona, Casaletto di Sopra, Romanengo del Rio con Melotta, Gabbiano, Vidolasco, Camisano, Mozzanica, Treviglio, Morengo, Bariano, Caravaggio, Brignano, Canonica, Pontirolo, Castel Rozzone, Pagazzano, Fara in Gera d'Adda e Massari de Melzi, Fornovo, Misano, Vailate con Cassina de Grassi, Arzago, Rivolta, Casirate. (15) Decreto 27 giugno 1804: piano interinale di distrettuazione di questo Dipartimento approvato dal Vice-Presidente della Repubblica (27 giugno 1804), Ministero dell'interno della Repubblica Italiana. Il distretto comprendeva i seguenti comuni: Bagnatica con Castello di Mezzate, Bolgare, Brusaporto, Calcinate, Cavernago e Malpaga, Cividate, Cortenuova, Ghisalba, Martinengo, Mornico, Palosco. (16) Distrettuazione 1805: Decreto sull'Amministrazione pubblica e sul Comparto territoriale del Regno (8 giugno 1805), Bollettino delle leggi del Regno d'Italia, Milano, 1805, I, pp. 141-304. il cantone comprendeva i seguenti comuni: Bagnatica con Castello di Mezzate, Bolgare, Brusaporto, Calcinate, Cavernago e Malpaga, Cividate, Cortenuova, Ghisalba, Martinengo, Mornico, Palosco (decreto 8 giugno 1805 a). (17) Decreto 8 giugno 1805 a. Con l'organizzazione del dipartimento del Serio nel Regno d'Italia, il distretto II di Treviglio era articolato nei cantoni I di Treviglio, II di Martinengo, III di Romano, IV di Verdello, per un totale di 72.055 abitanti. (18) Decreto 31 marzo 1809: Prospetto per la concentrazione de' comuni del Dipartimento del Serio approvato con Decreto 31 marzo 1809 di Sua Altezza Imperiale il Principe Vice-Re. In conseguenza delle modifiche apportate alla distrettuazione dei dipartimenti in seguito alle concentrazioni dei comuni del 1809 il cantone risultò composto dai seguenti comuni: Martinengo, Bagnatica, Calcinate, Cividate, Ghisalba, Palosco. (19) Notificazione 12 febbraio 1816. Il Distretto XI comprendeva i comuni di Bagnatica con Castello di Mezzate, Bolgare, Brusaporto, Calcinate, Cavernago e Malpaga, Cividate, Cortenuova, Ghisalba, Martinengo, Mornico, Palosco (notificazione 12 febbraio 1816). Nella successiva compartimentazione delle province lombarde (notificazione 1 luglio 1844), costituivano il distretto XI di Martinengo i medesimi comuni. (20) Notificazione 23 giugno 1853. Il distretto è ora così costituito anche da parte dei comuni del soppresso distretto XI di Martinengo. Comprendeva: Antegnate, Bariano, Calcio, Pumenengo, Torre Pallavicina, Covo, Fontanella, Barbata, Mozzanica, Romano, Morengo, Bolgare, Calcinate, Cavernago, Cividate, Cortenuova, Ghisalba, Martinengo, Mornico, Palosco. (21) Il Consiglio comunale risulta composto da sessanta membri nei Comuni con popolazione superiore ai 60 mila abitanti; da quaranta membri in quelli la cui popolazione supera i 30 mila abitanti; da trenta membri nei Comuni con popolazione eccedente i 10 mila abitanti; da venti membri in quelli dove la popolazione è superiore ai 3 mila abitanti; da quindici membri negli altri comuni (art. 12). (22) Notizie generali sul profilo istituzionale sono tratte anche da: Civita, Bergamo. Le istituzioni storiche del territorio lombardo. XIV - XIX secolo. Bergamo, repertoriazione a cura di Fabio Luini (Archimedia s.c.), Milano, Progetto Civita, Regione Lombardia, 1999 e da Civita, Istituzioni postunitarie, Le istituzioni storiche del territorio lombardo; 1859 - 1971, repertoriazione a cura di Fulvio Calia, Caterina Antonioni, Simona Tarozzi, Milano, Progetto Civita, Regione Lombardia, 1999. (23) Le più importanti innovazioni possono essere così riassunte: ogni comune deve avere un segretario e un ufficio comunale; più comuni possono consorziarsi per avvalersi di uno stesso segretario (art. 2); si dà facoltà al Governo di procedere in ogni tempo alla costituzione di nuovi Comuni; si rinnova parzialmente la materia elettorale; si affida alla magistratura la presidenza degli uffici elettorali; si elimina la prescrizione che la sessione ordinaria dei consigli comunali non può durare più di 30 giorni; la riunione straordinaria del consiglio può esser indetta dal Sindaco, dalla Giunta o su domanda di un terzo dei consiglieri; nei comuni con popolazione superiore ai 10 mila abitanti, il Sindaco è eletto nel proprio seno dal consiglio comunale (art. 50); si prevede (art. 52), per la prima volta la rimozione dei sindaci ad opera del consiglio; qualora il sindaco "non adempia ai suoi obblighi" può essere sostituito , per tre mesi, da un apposito Commissario (art. 53); si rendono pubbliche le sedute dei consigli comunali (art. 82); oltre allo scioglimento dei consigli comunali per gravi motivi di ordine pubblico, si può ricorrere al loro scioglimento in caso che "richiamati all'osservanza di obblighi loro imposti per legge, persistano a violarli" (art. 84). Poiché la legge concede al Governo la facoltà di coordinare in testo unico le proprie disposizioni con quelle della legge del 1865 e delle altre che l'avevano modificata, a tanto si provvede col T.U. 10 febbraio 1889, n. 5921 (legge 10 febbraio 1889). La legge 11 luglio 1894, n. 287, contiene una norma (art. 9), che stabilisce una maggiore durata (anni 6) dei consigli comunali, prescrivendone la rinnovazione per metà ogni 3 anni e dispone che anche il Sindaco rimanga in carica per un triennio.


Complessi archivistici:
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